Laura Vicuña: una figlia che “genera” la propria madre

Storie di famiglie ferite
            Siamo abituati ad immaginare la famiglia come una realtà armoniosa, contraddistinta dalla compresenza di più generazioni e dal ruolo-guida di genitori che danno la norma e di figli i quali – nell’apprenderla – vengono da loro guidati nell’esperienza della realtà. Tuttavia spesso le famiglie si trovano attraversate da drammi e incomprensioni, o segnate da ferite che ne aggrediscono la configurazione ottimale e ne restituiscono un’immagine distorta, falsata e falsante.
            Anche la storia della santità salesiana è attraversata da storie di famiglie ferite: famiglie dove vien meno almeno una delle figure genitoriali, oppure la presenza della mamma e del papà diventa, per ragioni diverse (fisiche, psichiche, morali e spirituali), penalizzante per i loro figli, oggi incamminati verso gli onori degli altari. Lo stesso Don Bosco, che aveva sperimentato la morte prematura del padre e l’allontanamento dalla famiglia per la prudente volontà di Mamma Margherita, vuole – non è un caso – l’opera salesiana particolarmente dedicata alla «gioventù povera e abbandonata» e non esita a raggiungere i giovani che si sono formati nel suo oratorio con una intensa pastorale vocazionale (dimostrando che nessuna ferita del passato è ostacolo a una vita umana e cristiana piena). È pertanto naturale che la stessa santità salesiana, che attinge alle esistenze di molti giovani di Don Bosco poi consacrati per suo tramite alla causa del Vangelo, porti in sé – quale logica conseguenza – traccia di famiglie ferite.
            Di questi ragazzi e ragazze cresciuti a contatto con le opere salesiane presentiamo la beata Laura Vicuña, nata nel Cile del 1891, orfana di padre e la cui mamma inizia in Argentina una convivenza con il ricco possidente Manuel Mora; Laura, dunque, ferita dalla situazione di irregolarità morale della mamma, è pronta ad offrire la vita per lei.

Una vita breve ma intensa
            Nata a Santiago del Cile il 5 aprile 1891, e battezzata il 24 maggio successivo, Laura è la figlia maggiore di José D. Vicuña, un nobile decaduto che aveva sposato Mercedes Pino, figlia di modesti agricoltori. Tre anni dopo arriva una sorellina, Julia Amanda, ma ben presto il papà muore, dopo avere subíto una sconfitta politica che ne ha minato la salute e compromesso, con il sostentamento economico della famiglia, anche l’onore. Priva di qualsiasi «protezione e prospettiva di futuro», la mamma approda in Argentina, dove ricorre alla tutela del proprietario terriero Manuel Mora: un uomo «di carattere superbo e altero», che «non dissimula odio e disprezzo per chiunque avversasse i suoi disegni». Un uomo, insomma, che solo in apparenza garantisce protezione, ma è in realtà abituato a prendere, se necessario con la forza, quello che vuole, strumentalizzando le persone. Intanto paga gli studi presso il collegio delle Figlie di Maria Ausiliatrice a Laura e alla sorella e la loro madre – che subisce l’influsso psicologico di Mora – convive con lui senza trovare la forza di rompere il legame. Quando però Mora inizia a mostrare segni di disonesto interesse verso la stessa Laura, e soprattutto quando quest’ultima intraprende il percorso di preparazione alla Prima Comunione, lei d’un tratto comprende tutta la gravità della situazione. A differenza della mamma – che giustifica un male (la convivenza) in vista di un bene (l’educazione delle figlie in collegio) – Laura capisce che si tratta di una argomentazione moralmente illegittima, che mette in grave pericolo l’anima della madre. In questo periodo, poi, Laura vorrebbe diventare ella stessa suora di Maria Ausiliatrice: ma la sua domanda è respinta, perché figlia di una «pubblica concubina». Ed è a questo punto che proprio in Laura – accolta in collegio quando in lei dominavano ancora «impulsività, facilità di risentimento, irritabilità, impazienza e propensione ad apparire» – si manifesta un cambiamento che solo la Grazia, unita all’impegno della persona, può operare: chiede a Dio la conversione della madre, offrendo se stessa per lei. In quel momento, Laura non può muoversi né “in avanti” (entrando tra le Figlie di Maria Ausiliatrice) né “indietro” (tornando dalla madre e dal Mora). Con un gesto allora carico della creatività tipica dei santi, Laura intraprende l’unica strada che le è ancora accessibile: quella dell’altezza e della profondità. Nei propositi della Prima Comunione aveva annotato:

Propongo di fare quanto so e posso per […] riparare le offese che voi, Signore, ricevete ogni giorno dagli uomini, specie dalle persone della mia famiglia; mio Dio, datemi una vita di amore, di mortificazione e di sacrificio.

            Ora finalizza il proposito in “Atto di offerta”, che include il sacrificio della vita stessa. Il confessore, riconoscendo che l’ispirazione è da Dio ma ignorandone le conseguenze, acconsente, e conferma che Laura è «consapevole dell’offerta che ha appena compiuto». Lei vive gli ultimi due anni con silenzio, allegria e sorriso e una indole ricca di calore umano. Eppure, lo sguardo che posa sul mondo – come conferma un ritratto fotografico, molto diverso dalla stilizzazione agiografica nota – dice anche tutta la sofferta consapevolezza e il dolore che la abitano. In una situazione dove le manca sia la “libertà da” (condizionamenti, ostacoli, fatiche), sia la “libertà di” fare tante cose, questa preadolescente testimonia la “libertà per”: quella del dono totale di sé.
Laura non disprezza, ma ama la vita: la propria e quella della mamma. Per questo si offre. Il 13 aprile 1902, Domenica del Buon Pastore, si chiede: «Se Lui dà la vita… cosa lo impedisce a me per la mamma?». Morente, aggiunge: «Mamma, io muoio, io stessa l’ho chiesto a Gesù… sono quasi due anni che gli offersi la vita per te…, per ottenere la grazia del tuo ritorno!».
            Sono parole prive di rimpianto e di rimprovero, ma cariche di una grande forza, una grande speranza e una grande fede. Laura ha imparato ad accogliere la mamma per quello che è. Offre anzi se stessa per donarle ciò che lei sola non riesce a conseguire. Quando Laura muore, la mamma si converte. Laurita de los Andes, la figlia, ha così contribuito a generare la madre nella vita di fede e di grazia.