(continuazione dall’articolo precedente)
Capo XX. Morte di s. Giuseppe. – Sua sepoltura.
Nunc dimittis servum tuum Domine, secundum verbum tuum in pace, quia viderunt oculi mei salutare tuum. (Adesso lascia, o Signore, che se ne vada in pace il tuo servo secondo la tua parola: perché gli occhi miei hanno veduto il Salvatore dato da te. – Lc. 2,29)
L’ultimo momento era giunto, Giuseppe fece uno sforzo supremo per alzarsi e adorare colui che gli uomini consideravano quale suo figlio, ma che Giuseppe conosceva per suo Signore e Dio. Egli voleva gettarsi ai suoi piedi e domandargli la remissione dei suoi peccati. Ma Gesù non permise che egli s’inginocchiasse, e lo ricevette nelle sue braccia. Così poggiando il venerando capo sul Divin petto di Gesù colle labbra vicino a quel cuore adorabile spirava Giuseppe, dando agli uomini un ultimo esempio di fede e di umiltà. Era il diciannovesimo giorno di marzo, l’anno di Roma 777, il venticinquesimo dalla nascita del Salvatore.
Gesù e Maria piansero sulla fredda spoglia di Giuseppe, e fecero presso di lui la mesta veglia dei morti. Gesù lavò egli stesso questo corpo verginale, gli chiuse gli occhi e gli incrociò le mani sul petto; poi lo benedisse per preservarlo dalla corruzione della tomba, e pose a sua custodia gli angeli del Paradiso.
I funerali del povero operaio furono modesti come modesta era stata tutta la sua vita. Ma se parvero tali in faccia alla terra ebbero per altro così grande onore che non vantarono certamente i più gloriosi imperatori del mondo, giacché ebbero presso l’augusta salma il Re e la Regina del Cielo Gesù e Maria. Il corpo di Giuseppe fu deposto nel sepolcro dei suoi padri, nella valle di Giosafatte, tra la montagna di Sion e quella degli Oliveti.
Capo XXI. Potenza di s. Giuseppe nel cielo. Motivi della nostra confidenza.
Ite ad Joseph. (Andate a Giuseppe e fate tutto quello che egli vi dirà. – Gen. 41,55)
Non sempre la gloria e la potenza dei giusti sopra la terra sono la misura certa del merito della loro santità; ma non è così di quella gloria e di quella potenza di cui essi sono rivestiti nel cielo, ove ognuno è ricompensato secondo le sue opere. Più essi sono stati santi agli occhi di Dio, più sono innalzati ad un grado sublime di potenza e di autorità.
Stabilito una volta questo principio, non dobbiamo noi credere, che fra i beati che sono l’oggetto del nostro culto religioso, s. Giuseppe sia, dopo Maria, il più potente di tutti presso Dio, e colui che merita a più giusto titolo la nostra confidenza ed i nostri omaggi? Di fatto quanti gloriosi privilegi lo distinguono dagli altri santi, e devono inspirarci per lui una profonda e tenera venerazione!
Il figliuol di Dio che ha scelto Giuseppe per suo padre, per ricompensarne tutti i servigi e dargli in cambio le dimostrazioni del più tenero amore nel tempo della sua vita mortale, non l’ama meno in cielo di quello che lo amasse sopra la terra. Felice di aver l’intiera eternità per compensare il diletto suo padre di tutto quello che egli ha fatto per lui nella vita presente, con uno zelo così ardente, con una fedeltà così inviolabile ed un’umiltà tanto profonda. Ciò fa che il divin Salvatore è sempre disposto ad ascoltar favorevolmente tutte le sue preghiere, ed a soddisfare a tutti i suoi desideri.
Troviamo nei privilegi e nei favori di cui fu ricolmato l’antico Giuseppe, il quale non era che l’ombra del nostro vero Giuseppe, una figura del credito onnipossente di cui gode nel cielo il santo sposo di Maria.
Faraone per ricompensare i servigi, che da Giuseppe figliuolo di Giacobbe aveva ricevuto, lo stabilì intendente generale della sua casa, padrone di tutti i suoi beni volendo che ogni cosa si facesse secondo il suo cenno. Dopo averlo stabilito viceré dell’Egitto gli affidò il sigillo della sua autorità reale, e gli donò il pieno potere di concedere tutte le grazie che volesse. Ordinò che fosse chiamato il salvatore del mondo, affinché i suoi sudditi riconoscessero che a lui dovevano la loro salute; insomma mandava a Giuseppe tutti coloro che venivano per qualche favore, affinché li ottenessero dalla sua autorità, e gli dimostrassero la loro riconoscenza: Ite ad Ioseph, et quidquid dixerit vobis, facile – Gen. 41,55; Andate da Giuseppe, fate tutto quello che egli vi dirà, e ricevete da lui quanto egli vorrà donarvi.
Ma quanto più ancora sono meravigliosi e capaci d’inspirarci un’illimitata confidenza i privilegi del casto sposo di Maria, del padre adottivo del Salvatore! Non è un re della terra come Faraone, ma è Dio onnipotente colui che ha voluto ricolmare dei suoi favori questo nuovo Giuseppe. Comincia per stabilirlo padrone e capo venerabile della Santa Famiglia; vuole che tutto gli obbedisca e gli sia sottomesso, perfino il proprio suo figlio a lui eguale in ogni cosa. Lo fa qual suo viceré, volendo che rappresenti la sua adorabile persona sino a dargli il privilegio di portare il suo nome e di essere chiamato il padre del suo Unigenito. Mette nelle sue mani questo figlio, per farci conoscere che gli dà illimitato potere di far ogni grazia. Osservate come fa pubblicare nel vangelo per tutta la terra ed in tutti i secoli, che s. Giuseppe è il padre del re dei re: Erant pater et mater eius mirantes – Lc. 2,33. Vuole che egli sia chiamato il Salvatore del mondo essendo che egli alimentò e conservò colui che è la salute di tutti gli uomini. Finalmente ci avverte che se desideriamo grazie e favori, a Giuseppe dobbiamo rivolgerci: Ite ad Ioseph, poiché egli è che ha ogni potere presso il re dei re per ottenere tutto ciò che domanda.
La santa Chiesa riconosce questo potere sovrano di Giuseppe giacché ella domanda por sua intercessione ciò che non potrebbe ottenere da sé stessa: Ut quod possibilitas nostra non obtinet, eius nobis intercessione donetur.
Certi santi, dice il dottore angelico, hanno ricevuto da Dio il potere di assisterci in certi bisogni particolari; ma il credito di s. Giuseppe non ha limite; si estende a tutte le necessità, e tutti coloro i quali a lui ricorrono con fiducia sono certi d’essere prontamente esauditi. Santa Teresa ci dichiara che ella non ha mai domandato niente a Dio per intercessione di s. Giuseppe che non l’abbia tosto ottenuto: e la testimonianza di questa santa ne vale mille altre, giacché era fondata sulla quotidiana esperienza dei suoi benefizi. Gli altri santi godono, è vero, un credito grande nel cielo; ma essi intercedono supplicando come servi e non comandano come padroni. Giuseppe, il quale ha veduto Gesù e Maria sottomessi a sé, può senza dubbio ottenere tutto quello che vuole dal re suo figlio e dalla regina sua sposa. Egli ha presso l’uno e presso l’altra un credito illimitato, e, come dice Gersone, egli più che supplicare, comanda: Non impetrat, sed imperat. Gesù, dice s. Bernardino da Siena, vuol continuare nel cielo a dare a s. Giuseppe prove del suo rispetto figliale obbedendo a tutti i suoi desideri: Dum pater orat natum, velut imperium reputatur.
È di fatto che potrebbe negare Gesù Cristo a Giuseppe, il quale niente negò mai a lui nel tempo della sua vita? Mosè non era nella sua vocazione se non il capo ed il conduttore del popolo d’Israele, eppure si portava con Dio con tanta autorità, che quando lo prega in favore di quel popolo ribelle ed incorreggibile, la sua preghiera sembra farsi comando, il quale leghi in certo modo le mani alla divina maestà, e la riduca a non poter quasi castigare i colpevoli, finché egli ne abbia renduto la libertà: Dimitte me, ut irascatur furor meus contro eos et deleam eos. (Es. 32).
Ma quanto maggior virtù e potenza non avrà la preghiera che Giuseppe volge per noi al sovrano giudice, di cui egli fu guida e padre adottivo? Poiché se egli è vero, come dice s. Bernardo, che Gesù Cristo, il quale è nostro avvocato presso il Padre, gli presenta le sacre sue piaghe ed il sangue adorabile che ha sparso per la nostra salute, se Maria, per parte sua presenta all’unico Figlio il seno che lo portò e nutrì, non possiamo noi aggiungere che s. Giuseppe mostra al Figlio ed alla Madre le mani le quali hanno tanto affaticato per loro ed i sudori che egli ha sparso per guadagnare il loro vitto sopra la terra? E se Dio Padre non può nulla negare al suo Figlio diletto quando lo prega per le sue sacre piaghe, né il Figlio nulla negare alla sua Santissima Madre quando lo scongiura per le viscere che lo hanno portato, non siam noi tenuti a credere che né il Figlio, né la Madre divenuta la dispensatrice delle grazie che Gesù Cristo ha meritato non possono nulla negare a s. Giuseppe quando egli li prega per tutto ciò che ha fatto per essi in trent’anni di sua vita?
Immaginiamoci che il nostro santo protettore volga per noi a Gesù Cristo, di lui Figlio adottivo, questa commovente preghiera: « O mio divin Figlio, degnatevi di spargere le vostre più abbondanti grazie sopra i miei servi fedeli; io ve lo domando pel dolce nome di padre di cui mi avete tante volte onorato, per queste braccia che vi ricevettero e vi riscaldarono nella vostra nascita, che vi trasportarono in Egitto per salvarvi dal furore di Erode; ve lo chiedo per quegli occhi di cui asciugai le lacrime, per quel prezioso sangue che io raccolsi nella vostra circoncisione; per i travagli e le fatiche che io portai con tanta contentezza per nutrire la vostra infanzia, per allevarvi nella vostra giovinezza…» Gesù così pieno di carità potrebbe egli resistere a tale preghiera? E se è scritto, dice s. Bernardo, che egli fa la volontà di coloro che lo temono, come può negare egli di fare quella di colui che lo servì e nutrì con tanta fedeltà, con tanto amore? Si voluntatem timentium se faciet; quomodo voluntatem nutrientis se non faciet? (Un pio scrittore nei suoi commenti al salmo 144,19).
Ma ciò che deve raddoppiar la nostra confidenza in s. Giuseppe si è la sua ineffabile carità per noi. Gesù facendosi suo figlio, gli mise nel cuore un amore più tenero di quello del migliore dei padri.
Non siamo noi diventati suoi figli; mentre Gesù Cristo è nostro fratello e Maria, sua casta sposa, è nostra madre piena di misericordia?
Rivolgiamoci dunque a s. Giuseppe con una viva e piena confidenza. La sua preghiera unita a quella di Maria e presentata a Dio in nome dell’infanzia adorabile di Gesù Cristo, non può trovar rifiuto, ma senza più deve ottenere tutto ciò che domanda.
Il potere di s. Giuseppe è illimitato; si estende a tutti i bisogni della nostra anima e del nostro corpo.
Dopo tre anni di malattia violenta e continua, che non le lasciava né riposo, né speranza di guarigione s. Teresa ebbe ricorso a s. Giuseppe; ed egli tosto l’ottenne sanità.
Egli è principalmente alla nostra ultima ora, allorché la vita essendo sul punto di lasciarci come un falso amico, l’inferno raddoppierà i suoi sforzi per rapire la nostra anima nel passaggio all’eternità, egli è in quel momento decisivo per la nostra salute che s. Giuseppe ci assisterà in un modo tutto speciale, qualora siamo fedeli a onorarlo ed a pregarlo in vita. Il divin Salvatore per ricompensarlo di averlo sottratto alla morte liberandolo dal furore di Erode, gli diede il privilegio speciale di sottrarre dalle insidie del demonio e dalla morte eterna i moribondi che si sono messi sotto la sua protezione.
Ecco il motivo per cui lo si invoca con Maria in tutto il mondo cattolico, come patrono della buona morte. Oh! quanto saremmo felici, se potessimo morire come tanti fedeli servi di Dio, pronunziando i nomi onnipossenti di Gesù, Maria, Giuseppe. Il figlio di Dio, dice il venerabile Bernardo da Bustis, avendo le chiavi del paradiso, ne diede una a Maria, l’altra a Giuseppe, affinché essi potessero introdurre tutti i loro servi fedeli nel luogo del refrigerio, della luce e della pace.
Capo XXII. Propagazione del culto ed istituzione della festa del 19 marzo e del Patrocinio di s. Giuseppe.
Qui custos est domini sui glorificabitur. (Chi custodisce il suo padrone sarà onorato. – Pr. 27,18)
Come la divina Provvidenza dispose che s. Giuseppe morisse prima che Gesù si manifestasse pubblicamente quale Salvatore degli uomini, così fece pure che il culto verso questo santo non si propagasse prima che la fede cattolica si fosse universalmente diffusa nel mondo. Difatti l’esaltare questo santo nei primi tempi del cristianesimo sembrava pericoloso alla fede ancor debole dei popoli. Alla dignità di Gesù Cristo era di somma convenienza che s’inculcasse esser egli nato da una vergine per opera dello Spirito Santo; ora il metter innanzi la memoria di s. Giuseppe sposo di Maria avrebbe fatto ombra a quella dogmatica credenza presso alcune menti deboli, non ancor illuminate intorno ai miracoli della potenza divina. D’altronde importava in quei secoli di battaglia di far principale oggetto di venerazione quei santi eroi che per sostener la fede avevano versato il sangue col martirio.
Come poi fu consolidata nei popoli la fede e furono sollevati all’onore degli altari molti santi che avevano edificato la Chiesa collo splendor delle loro virtù senza passare pei tormenti, parve tosto di somma convenienza che non si lasciasse sotto silenzio un santo di cui il vangelo stesso faceva sì ampio elogio. Quindi i Greci oltre la festa di tutti gli antenati di Cristo (che furono giusti) la quale celebrano nella domenica che precede il giorno di Natale, consacrarono la domenica che corre in quest’ottava al culto specialmente di s. Giuseppe, sposo di Maria, del santo profeta Davide e di s. Giacomo cugino del Signore.
Nel calendario dei Cofti sotto il giorno 20 luglio si fa menzione di s. Giuseppe, ed è opinione sostenuta da alcuni che il 4 luglio sia stato il giorno della morte del nostro santo.
Nella Chiesa latina poi il culto di s. Giuseppe rimonta all’antichità dei primi secoli come appare dagli antichissimi martirologi del monastero di s. Massimino di Treviri e di Eusebio. L’ordine dei frati mendicanti fu il primo a celebrarne l’uffizio proprio come rilevasi dai loro breviari. Il loro esempio fu seguito nel decimoquarto secolo dai Francescani e dai Domenicani per opera di Alberto Magno che fu maestro di s. Tommaso d’Aquino.
Verso il fine del decimoquinto secolo la chiesa milanese e Toletana lo introdussero pure nella loro liturgia, finché nell’anno 1522 la sede apostolica ne estese il culto a tutto l’orbe cattolico. Pio V, Urbano VIII e Sisto IV ne perfezionarono l’ufficiatura.
La principessa Isabella Clara Eugenia di Spagna, erede dello spirito di santa Teresa devotissima di s. Giuseppe, recandosi nel Belgio ottenne che vi fosse instituita nella città di Bruselles una festa di precetto addì 19 marzo in onore di questo santo, e divulgatosi il culto nelle provincie vicine veniva proclamato e venerato sotto il titolo di conservator della pace e protettore della Boemia. Questa festa ebbe principio in Boemia l’anno 1655.
Una parte del manto con cui s. Giuseppe ravvolse il santo bambino Gesù è conservata in Roma nella chiesa di santa Cecilia in Trastevere dove si conserva pure il bastone che questo santo portava viaggiando. L’altra parte si conserva nella chiesa di santa Anastasia nella stessa città.
Giusta quanto ci tramandarono testimoni di veduta questo manto è di color giallognolo. Una particella di questo fu data in dono dal Cardinale Ginetti ai Padri Carmelitani Scalzi di Anversa, custodita in una magnifica cassetta, sotto tre chiavi e viene esposta ogni anno alla pubblica venerazione nelle feste natalizie.
Fra i sommi pontefici che concorsero colla loro autorità a promuovere il culto di questo santo si annovera Sisto IV il quale fu il primo ad instituirne la festa verso il fine del secolo XV. S. Pio V ne formulò l’uffizio nel Breviario Romano. Gregorio XV ed Urbano VIII si adoperarono con appositi decreti a riscuotere il fervore verso questo santo che pareva in alcuni popoli affievolito. Finché il Sommo Pontefice Innocenzo X cedendo alle istanze di moltissime chiese della cristianità, bramoso anch’esso di promuovere la gloria del santissimo sposo di Maria e così renderne alla religione più efficace il patrocinio, ne estese a solennità a tutto l’orbe cattolico.
La festa di s. Giuseppe veniva pertanto fissata al giorno 19 di marzo, giorno che si crede piamente essere stato quello della beatissima sua morte (contro l’opinione di alcuni che vogliono essere questa avvenuta ai 4 del mese di luglio).
Questa festa cadendo sempre nel tempo Quaresimale non poteva essere celebrata in giorno di Domenica, giacché tutte le Domeniche della Quaresima sono privilegiate: quindi avrebbe dovuto bene spesso passare inosservata se la pietà ingegnosa dei fedeli non avesse trovato modo di supplirvi altrimenti.
Fin dal 1621 l’Ordine dei Carmelitani scalzi avendo solennemente riconosciuto s. Giuseppe come patrono e padre universale del loro Istituto consacrava una delle Domeniche dopo Pasqua a celebrarne la solennità sotto il titolo di Patrocinio di s. Giuseppe. Dietro fervorosa domanda e dello stesso Ordine e di molte Chiese della Cristianità la sacra Congregazione dei Riti con decreto del 1680 fissava questa solennità alla terza Domenica dopo Pasqua. Molte Chiese dell’orbe cattolico adottarono tosto spontaneamente questa festa. La Compagnia di Gesù, i Redentoristi, i Passionisti e la Società di Maria la celebrano con ottava ed uffizio proprio sotto il rito doppio di prima classe.
La sacra Congregazione dei Riti finalmente per secondare ed animare sempre più la pietà dei fedeli verso questo gran Santo con un decreto del 10 settembre 1847 dietro istanza dell’Eminentissimo Cardinal Patrizi estendeva questa festa a tutta la Chiesa universale.
Se mai furono tempi calamitosi per la Chiesa di Gesù Cristo, se mai la fede cattolica volse le sue preghiere al Cielo per implorarne un protettore sono pur troppo i giorni presenti. La nostra s. religione assalita nei suoi più sacrosanti principii vede numerosi figli strapparsi con crudele indifferenza dal suo materno seno per darsi pazzamente in braccio all’incredulità ed alla scostumatezza, e diventando scandalosi apostoli dell’empietà trarre a traviamenti tanti loro fratelli, e dilaniare così il cuore a quella madre amorosa che li ha nutriti. Or bene mentre la divozione a san Giuseppe attirerebbe copiose benedizioni sulle famiglie dei suoi devoti, procurerebbe alla desolata sposa di Gesù Cristo il validissimo patrocinio di un santo, il quale come seppe un giorno serbar illesa la vita di Gesù dalla persecuzione che gli muoveva Erode, saprà bene serbar illesa la fede dei suoi figli dalla persecuzione che le muove l’inferno. Come il primo Giuseppe figliuolo di Giacobbe seppe mantenere l’abbondanza nel popolo d’Egitto durante sette anni di carestia, il vero Giuseppe più felice amministratore dei celesti tesori saprà mantener nel popolo cristiano quella fede santissima per stabilir la quale discese sulla terra quel Dio, di cui fu egli per trent’anni l’aio ed il custode.
Sette allegrezze e sette dolori di S. Giuseppe.
Indulgenza accordata da Pio IX ai fedeli che reciteranno questa corona che può servire di pratica per la novena del Santo.
Il regnante Pio IX, ampliando le concessioni dei suoi predecessori, specialmente quelle di Gregorio XVI, accordò ai fedeli dell’uno e dell’altro sesso, i quali dopo aver recitali i seguenti ossequi, detti comunemente le sette Allegrezze ed i sette dolori di s. Giuseppe, per sette consecutive domeniche, in qualunque tempo dell’anno, visiteranno, confessati e comunicati, una Chiesa, od Oratorio pubblico, ed ivi pregheranno secondo la sua intenzione: indulgenza Plenaria applicabile ancora alle anime del Purgatorio, in ciascuna di dette domeniche.
A coloro poi che non sanno leggere, o non potranno portarsi in qualche Chiesa, ove pubblicamente si fanno detti Ossequi, lo stesso Pontefice accordò la medesima Indulgenza Plenaria purché, visitando la detta Chiesa e pregando come sopra, recitino, invece degli Ossequi suddetti, sette Pater, Ave e Gloria in onore del santo Patriarca.
Corona dei sette dolori ed allegrezze di s. Giuseppe.
1. O sposo purissimo di Maria Santissima, glorioso s. Giuseppe, siccome fu grande il travaglio e l’angustia del vostro cuore nella perplessità di abbandonare la vostra illibatissima sposa: così fu inesplicabile l’allegrezza quando dall’angelo vi fu rivelato il mistero sovrano dell’Incarnazione.
Per questo vostro dolore e per questa vostra allegrezza vi preghiamo di consolar ora e negli estremi dolori l’anima nostra coll’allegrezza di una buona vita e di una santa morte somigliante alla vostra, in mezzo di Gesù e di Maria.
Pater, Ave e Gloria.
2. O felicissimo Patriarca, glorioso s. Giuseppe, che trascelto foste all’uffizio di Padre putativo dell’umanato Verbo, che dolore doveste sentire nel vedere nascere con tanta povertà il bambino Gesù! Ma questo si cambiò subito in giubilo celeste nell’udire l’armonia angelica e nell’udir le glorie di quella fortunatissima notte.
Per questo vostro dolore e per questa vostra allegrezza vi supplichiamo d’impetrarci, che dopo il cammino di questa vita, ce ne passiamo ad udire le lodi angeliche, ed a godere gli splendori della celeste gloria.
Pater, Ave e Gloria.
3. O esecutore delle divine leggi, glorioso s. Giuseppe, il sangue preziosissimo che sparse nella circoncisione il Bambino Redentore vi trafisse il cuore, ma il nome di Gesù ve lo ravvivò, riempiendolo di contento.
Per questo vostro dolore e per questa vostra allegrezza, otteneteci, che, tolto da noi ogni vizio in vita, col nome santissimo di Gesù nel cuore e nella bocca, giubilando spiriamo.
Pater, Ave e Gloria.
4. O fedelissimo Santo, che a parte foste dei Misteri della nostra Redenzione, glorioso s. Giuseppe, se la profezia fatta da Simeone di ciò che Gesù e Maria erano per patire, vi cagionò spasimo di morte, vi ricolmò ancora di un beato godimento per la salute e gloriosa risurrezione, che insieme predisse dover seguirne, d’innumerabili anime.
Per questo vostro dolore e per questa vostra allegrezza, impetrateci che noi siamo nel numero di quelli, che, per i meriti di Gesù e ad intercessione della Vergine sua Madre, hanno gloriosamente da risorgere.
Pater, Ave e Gloria.
5. O vigilantissimo custode, famigliare intrinseco dell’Incarnato Figliuolo di Dio, glorioso s. Giuseppe, quanto penaste in sostenere e servire il Figlio dell’Altissimo particolarmente nella fuga che doveste fare in Egitto; ma quanto ancora molto gioiste avendo sempre con voi l’istesso Dio, e vedendo cadere a terra gli idoli egiziani.
Per questo vostro dolore e per questa vostra allegrezza, impetrateci, che tenendo da noi lontano il tiranno infernale, specialmente colla fuga delle occasioni pericolose, cada dal nostro cuore ogni idolo di affetto terreno; e tutti impiegati nella servitù di Gesù e di Maria, per loro solamente da noi si viva, e felicemente si muoia.
Pater, Ave e Gloria.
6. O Angelo della terra, glorioso san Giuseppe, che ai vostri cenni ammiraste soggetto il Re del Cielo, so che la consolazione vostra nel ricondurlo dall’Egitto si turbò col timore di Archelao; ma so pure che assicurato dall’Angelo, lieto con Gesù e Maria, dimoraste in Nazareth.
Per questo vostro dolore e per questa vostra allegrezza, impetrateci che da timori nocivi sgombrato il nostro cuore godiamo pace di coscienza e sicuri viviamo con Gesù e Maria e fra loro ancora moriamo.
Pater, Ave e Gloria.
7. O esemplare d’ogni Santità, glorioso s. Giuseppe, smarrito che aveste senza vostra colpa il fanciullo Gesù, per maggior dolore tre giorni lo cercaste, finché con sommo giubilo godeste della vostra Vita ritrovata nel tempio fra i dottori.
Per questo dolore e per questa vostra allegrezza vi supplichiamo, col cuore sulle labbra, ad interporvi, onde non ci avvenga mai di perdere con colpa grave Gesù. Che se per somma disgrazia lo perdessimo, fate, che con tale indefesso dolore lo ricerchiamo, finché favorevole lo ritroviamo, particolarmente nella nostra morte, per passare a goderlo in Cielo, ed ivi con voi in eterno cantare le sue divine misericordie.
Pater, Ave e Gloria.
Antifona. Gesù stava per compiere trent’anni, e si riteneva essere figlio di Giuseppe.
V. Prega per noi san Giuseppe.
R. E saremo degni delle promesse di Cristo.
Oremus.
O Dio, che con ineffabile provvidenza ti sei degnato di scegliere il Beato Giuseppe come sposo della tua santissima Madre, concedi a noi che lo veneriamo come protettore sulla terra di meritare di averlo come intercessore nel Cielo. Per Cristo nostro Signore
R. Amen.
Altra orazione a s. Giuseppe.
Dio vi salvi, o Giuseppe, pieno di grazia; Gesù e Maria sono con voi; voi siete benedetto fra gli uomini, e benedetto è il frutto del seno della vostra sposa Maria. S. Giuseppe, padre putativo di Gesù, vergine sposo di Maria, pregate per noi peccatori adesso e nell’ora della morte nostra. Così sia.
Raccolta dai più accreditati Autori, colla novena in preparazione alla festa del Santo.
Tipografia dell’Oratorio di s. Francesco di Sales, Torino 1867.
Sac. BOSCO GIOVANNI
Con permissione Ecclesiastica.
***
Oggi, la Chiesa concede indulgenza (Enchiridion Indulgentiarum n.19) per le preghiere in onore di san Giuseppe:
“Si concede l’indulgenza parziale al fedele che invoca san Giuseppe, Sposo della Beata Vergine Maria, con una preghiera legittimamente approvata (per esempio, A te, o beato Giuseppe).
A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio, insieme con quello della tua santissima Sposa. Deh! per quel sacro vincolo di carità che ti strinse all’immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto soccorri ai nostri bisogni. Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo; allontana da noi, o padre amantissimo, la peste di errori e di vizi che ammorba il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del bambino Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità, e copri ciascuno di noi con il tuo continuo patrocinio, affinché con il tuo esempio e con il tuo soccorso possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo. Amen.”
Papa Leone XIII, Orazione a San Giuseppe, enciclica Quamquam pluries
Vita di san Giuseppe, sposo di Maria Santissima, padre putativo di Gesù Cristo (3/3)
🕙: 15 min.