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Un personaggio di rilievo, ma praticamente sconosciuto, nella storia dei primi anni della Congregazione salesiana. Ha speso tutta la sua vita salesiana nell’ambito economico. Dinamico e intraprendente è stato un grande amministratore in senso moderno. Alla sua “visione” lungimirante e previdente si devono molte opere che sono un orgoglio attuale della Congregazione. Ma soprattutto intenso fu il suo amore per don Bosco.


Infanzia e giovinezza
Nacque il 29 gennaio 1836 nella Brianza lecchese, a Monticello di Olgiate Molgora, diocesi di Milano. Il padre Pietro ed il fratello, gestori di una filanda, avevano sposato due sorelle. Famiglie molto religiose entrambe con un figlio prete (il salesiano Antonio e il cugino Federico, teologo e futuro vescovo Ausiliare a Milano) e un figlio religioso: Ambrogio, fratello di Antonio, salesiano per alcuni anni e suor Maria Serafina, sorella di Federico, religiosa di clausura a Bergamo. Antonio, compiuti gli studi elementari, adolescente forte e robusto, si mise subito al lavoro nell’ambito familiare. Come animatore dell’oratorio parrocchiale dimostrava attitudini alla vita sacerdotale, con la sua capacità di attrarre i ragazzi, organizzarne i divertimenti, portarli alle funzioni di chiesa. Tornato dal servizio militare nell’esercito austro­ungarico, assunse responsabilità nella gestione dell’azienda familiare, dove rivelò eccellenti doti amministrative e grande senso pratico. Morta la mamma, il giovane Antonio maturò il desiderio di diventare sacerdote. Se ne fece interprete il parroco don Nava che all’inizio del 1863 scrisse a don Bosco, magnificando le doti di natura e di grazia del giovane e chiedendogli di accoglierlo a Valdocco. Alla risposta immediatamente positiva di don Bosco, don Nava lo ringraziò e gli assicurò che il ventiseienne Antonio, riconoscentissimo, sarebbe arrivato a Valdocco quanto prima. Il generosissimo parroco si impegnò a pagare in anticipo per cinque anni non solo la “troppo modica” pensione richiesta da don Bosco, ma in caso di morte dava in garanzia mobili, posate d’argento e oggetti di valore in suo possesso.

Studente-lavoratore e sacerdote-educatore
Arrivato a Torino il 5 marzo 1863 il Sala iniziò gli studi ginnasiali. A Valdocco si trovò a suo agio, e come “figlio di Maria” non solo recuperò gli anni scolastici persi, ma, disinvolto nel tratto e pratico di affari commerciali, nei tempi liberi aiutava il malaticcio economo don Alasonatti, dava una mano ai provveditori della casa, andava lui stesso al mercato ed assisteva ai primi lavori della costruzione della chiesa di Maria Ausiliatrice. L’esperienza gli sarebbe servita per le varie chiese e costruzioni salesiane che avrebbe seguito personalmente nei decenni successivi.
Il 22 maggio 1869 don Sala era sacerdote, ormai da quattro anni presente nella casa di Lanzo.

Economo a Valdocco (1869-1880)
Prima ancora della fine dell’anno scolastico, il 3 luglio 1869 don Bosco gli chiese, riservatamente, se era disponibile a trasferirsi per qualche tempo a Valdocco perché vi era assoluto bisogno di un economo della casa in quanto l’economo generale don Savio era sovra occupato. Don Sala accettò, scese a Valdocco. Vi sarebbe rimasto per 26 anni, fino alla morte.
Colà poté approfondire i suoi affrettati studi teologici frequentando per tre anni al Convitto le lezioni di morale: gli sarebbero state utilissime nel ministero pastorale che avrebbe svolto per tanti anni come confessore ordinario nella chiesa di Maria Ausiliatrice, cappellano dell’Istituto del Buon Pastore, confessore straordinario del collegio degli Artigianelli, e successivamente anche assistente spirituale dei laboratori femminili di S. Giuseppe al rifugio Barolo.
Nella seduta del Consiglio Superiore dell’11 dicembre 1869 don Savio venne confermato economo generale, ma parecchi voti li ebbe pure don Sala, che nel gennaio successivo, nel Capitolo dell’Oratorio venne formalmente eletto economo. Avrebbe svolto una formidabile attività economico­amministrativa all’interno della mega opera di Valdocco, con varie centinaia di giovani, suddivisi fra studenti, artigiani, oratoriani, chierici, con tanto di aule, cortili, laboratori, refettori, camerate, sale, chiesa di Maria Ausiliatrice, cappelle; vi si aggiungano lotterie, costruzioni, manutenzione generale, problemi fiscali, notarili… Non gli mancarono momenti difficili, tant’è che il 27 gennaio 1870 don Bosco da Firenze invitò don Rua a fargli coraggio.
Nel gennaio 1873, avviata una piccola lotteria con primo premio una preziosa copia della Madonna di Foligno di Raffaello, don Bosco gli affidò lo smercio dei biglietti, previsto soprattutto in Lombardia. Don Sala percorse particolarmente le province di Milano, Como e Varese, dove poteva offrire cartelline di beneficienza alle più cospicue famiglie, che in qualche modo sentiva a lui vicine e che forse erano già in contatto con don Bosco. Smerciò molti biglietti, ma molti altri gli vennero restituiti, per cui andò a cercare altri benefattori fino a Roma. Salesiano della prima ora, don Sala svolse molti altri umili servizi, compresi la classica assistenza in cortile e nei laboratori e qualche insegnamento ai giovani coadiutori. Nel 1876 a Roma si occupò di alloggiare tanto i salesiani destinati alle nuove fondazioni di Albano, Ariccia e Magliano quanto i missionari venuti a ricevere il mandato dal Papa. Il 17 dicembre 1876 per la prima volta partecipò alle sedute del Consiglio Superiore: lo avrebbe fatto per quasi 20 anni. Nel 1878 fece sopralluoghi a Mornese e Chieri per provvedere ai necessari lavori di adattamento delle case delle FMA. In ottobre fece lo stesso per i salesiani di Randazzo in Sicilia e poi di Este e Mogliano Veneto. Così altre volte per oltre quindici anni. Don Bosco si fidò di lui e lui ne ricambiò la fiducia fino sul letto di morte, anzi ancora dopo, come vedremo.

Il Capitolo Generale del 1880 elesse don Sala Economo Generale, che però per altri tre anni rimase anche Economo di Valdocco. Si mise subito al lavoro.
Nell’aprile 1881 fece riprendere in Roma i lavori della chiesa del S. Cuore e dell’abitazione dei salesiani. Poi si interessò del nuovo fabbricato di Mogliano Veneto e prese in esame il progetto di un’ampia ristrutturazione della casa di La Navarra (Francia). Ai primi di aprile dell’anno successivo era di nuovo a Mestre per trattare con la benefattrice Astori e per fare un sopraluogo all’erigenda colonia agricola di Mogliano; in novembre vi accompagnò i primi quattro salesiani. L’8 luglio 1883 sottoscrisse il capitolato dei lavori di costruzione dell’Ospizio di S. Giovanni Evangelista in Torino ed in autunno fece rimettere in ordine gli ambienti della tipografia di Valdocco, ivi compreso l’ufficio del direttore, lo abbellì con tendine alle finestre, “meritandosi” un benevolo rimprovero di don Bosco per tali “raffinatezze di troppo”. A metà gennaio 1884 per l’Esposizione Nazionale della Scienza e della Tecnica in Torino si decise di installarvi la complessa macchina (acquistata per la cartiera salesiana di Mathi), che, partendo dagli stracci, sfornava libri rilegati. Duro fu il compito di don Sala perché a farla funzionare fossero allievi salesiani adeguatamente preparati. Fu un successo strepitoso di pubblico e don Bosco si permise di rifiutare un premio che non fosse il primo assoluto. Poco dopo don Sala si recò a Roma per accelerare i lavori del S. Cuore onde ad inizio maggio don Bosco potesse porre la prima pietra dell’Ospizio, assieme al conte Colle (che avrebbe portato con sé un’offerta di ben 50 000 lire).
Ovviamente don Sala partecipava alle sedute del Consiglio Generale per dare il suo illuminato parere soprattutto sulle materie di suo interesse: accettazione di opere, fondazione di una casa a Parigi, capitolato di quella di Lucca, sostituzione di un vecchio forno con uno nuovo proveniente da Vienna ad un prezzo di favore, adozione di una “foresteria” per il personale femminile di Valdocco, preventivi di spese di illuminazione delle case di Vienna, Nizza Marittima e Milano. Il 12 settembre presentò l’abbozzo dello stemma ufficiale della Congregazione Salesiana che, discusso e corretto, fu approvato dal Consiglio. Nella stessa seduta venne incaricato di risolvere il contenzioso del terreno di Chieri e della striscia di terreno comunale di Torino utilizzata per la chiesa di Maria Ausiliatrice, ma già compensata con permuta. Seguirono numerosissime sedute in settembre ed ottobre con presenza saltuaria di don Sala. Il 9 dicembre trattò dei problemi economici di varie case, fra cui quella di Sampierdarena, Napoli, Schio.

Il triennio 1885-1887
Per tutto l’anno seguente (1885) si interessò di quella di Faenza per la quale “si meritò” un altro paterno rimprovero di don Bosco per eccessiva spesa nelle fondamenta. In aprile assistette ad una perizia eseguita al Collegio di Lanzo su ordine del Tribunale Civile di Torino. Il 22 giugno presentò e fece approvare il disegno di innalzare di un piano la casa delle FMA a Nizza. Per l’erigenda casa di Trento si assicurò la disponibilità di adeguate risorse economiche locali, fiducioso della collaborazione del Municipio, ma messo sull’attenti da don Bosco che, sempre vigile, gli faceva presente che spesso “i Municipi promettono e non attendono”. Il 20 settembre 1885 don Sala riferì al Consiglio del terreno per il camposanto dei salesiani acquistabile a 14 000 lire. Venne autorizzato a cercare di abbassare il prezzo ed a realizzare il progetto presentato.
Seguirono altri due anni di sedute di Consiglio Generale, di viaggi per aiutare le case in difficoltà per problemi edilizi, amministrativi, economici. Intanto era stato rieletto Economo Generale (settembre 1886; sarebbe stato rieletto ancora sei anni dopo) e si preparava a predisporre tutto per la solenne consacrazione della chiesa del S. Cuore di Roma (14 maggio). Colà pochi mesi dopo, su espresso invito del papa, si nominò un nuovo Procuratore ed un nuovo Parroco in sostituzione di don F. Dalmazzo, e don Sala ebbe mille grattacapi per sbrogliare la matassa intricata di un’insostenibile situazione economico-finanziaria.

Accanto a don Bosco morente (gennaio 1888)
Richiamato d’urgenza da Roma il 30 dicembre, la mattina di capodanno era già al capezzale di don Bosco. Per tutto il mese si alternò con il giovane segretario Viglietti nell’assistere l’ammalato.
Morto don Bosco il 31 gennaio, la sera stessa il Consiglio Generale “promette al Signore che se la Madonna ci fa la grazia di poter seppellire don Bosco sotto la chiesa di Maria Ausiliatrice o almeno nella nostra casa di Valsalice avrebbe di quest’anno o almeno al più presto possibile incominciati i lavori per la decorazione della sua chiesa”. La richiesta formale avanzata da don Sala alle autorità cittadine è respinta. Si ricorre allora a Roma ed il Presidente del Consiglio F. Crispi, memore dell’aiuto datogli da don Bosco quando era esule a Torino, concede la tumulazione fuori città, nel collegio salesiano di Valsalice. Nel frattempo la salma di don Bosco si trova nei pressi della camera di don Sala. Il 4 febbraio sera viene trasportato a Valsalice. Nel piccolissimo corteo che sale la collina don Sala piange: ha perso la persona più cara che aveva ancora sulla terra. Per altri sei anni però avrebbe continuato a svolgere con grande competenza l’arduo settore di lavoro che per primo gli aveva affidato don Bosco. Il 21 maggio 1895 lo avrebbe raggiunto in cielo, stroncato da un attacco cardiaco.

P. Francesco MOTTO
Salesiano di Don Bosco, esperto di san Giovanni Bosco, autore di vari libri. Dottore in storia e Teologia, Docente invitato presso l’Università Pontificia Salesiana. Cofondatore e direttore per 20 anni dell’Istituto Storico Salesiano (ISS) e della rivista “Ricerche Storiche salesiane” (1992-2012), è fra i fondatori dell’Associazione Cultori di Storia salesiana (ACSSA), di cui è attuale Presidente (2015-2023). È stato consultore della Congregazione delle cause dei santi (2009-2014).