🕙: 9 min.
image_pdfimage_print

(continuazione dall’articolo precedente)

Capo XV. Divozione e progetto di una chiesa a Maria A. in Torino.

            Prima di parlare della chiesa eretta in Torino ad onore di Maria Ausiliatrice stimo bene di notare, come la divozione dei Torinesi verso di questa celeste Benefattrice rimonta ai primi tempi del cristianesimo. S. Massimo primo vescovo di questa città ne parla come di un fatto pubblico ed antico.
            Il santuario della Consolata è un meraviglioso monumento parlante di quanto diciamo. Ma dopo la vittoria di Lepanto i Torinesi furono dei primi ad invocare Maria sotto al titolo speciale di Ausiliatrice. Il cardinale Maurizio principe di Savoia ha grandemente promossa questa divozione, e sul principio del secolo decimosettimo fece costruire nella chiesa di s. Francesco di Paola una cappella con altare e con una bellissima statua dedicata a Maria Ausiliatrice, di marmo prezioso ed elegante. La Vergine è presentata tenente in mano il Divin Fanciullo.
            Questo principe era fervoroso devoto di Maria Ausiliatrice, e siccome vivendo faceva sovente l’offerta del cuore alla sua celeste Madre, così morendo lasciò per testamento che appunto il cuore, qual pegno più caro di sé stesso, fosse deposto in una cassa e collocato nel muro a destra dell’altare[1].
            Il tempo avendo logorato e resa questa cappella alquanto abbietta, il re Vittorio Emanuele II ordinò che ogni cosa fosse a sue spese ristorata.
            Così il pavimento, la predella, e lo stesso altare furono come rinnovati.
            Osservando i Torinesi il ricorso a Maria Ausiliatrice essere mezzo efficacissimo per ottenere grazie straordinarie, cominciarono ad aggregarsi alla Confraternita di Monaco in Baviera, ma pel numero stragrande dei confratelli fu instituita in questa medesima chiesa una Confraternita. Essa ebbe l’apostolica approvazione del Pontefice Pio VI, che con rescritto 9 febbraio 1798 concedeva molte indulgenze con altri favori spirituali.
            Così andava ognora più dilatandosi la divozione dei Torinesi all’augusta Madre del Salvatore, e ne provavano i più salutari effetti, quando fu ideato il progetto di una chiesa da dedicarsi appunto a Maria Ausiliatrice in Valdocco popolatissimo quartiere di questa città. Qui adunque abitano molte migliaia di cittadini senza chiesa di sorta fuori quella di Borgo Dora, la quale tuttavia non può contenere più di 1500 persone[2].
            In questo distretto esistevano le chiesette della Piccola Casa della divina Provvidenza e dell’Oratorio di s. Francesco di Sales, ma si l’una che l’altra appena bastavano al servizio delle rispettive loro comunità.
            Nel vivo desiderio pertanto di provvedere all’urgente bisogno degli abitanti di Valdocco, e dei molti giovani che nei di festivi vengono all’Oratorio dalle varie parti della città, e che non possono più contenersi nella chiesetta attuale, si deliberò di tentare la costruzione di una chiesa abbastanza capace per questo doppio scopo. Ma un motivo tutto speciale della costruzione di questa chiesa era un bisogno comunemente sentito di dare un segno pubblico di venerazione alla B. Vergine Maria, che con viscere di Madre veramente misericordiosa aveva protetto i nostri paesi scampandoci dai mali cui tanti altri soggiacquero.
            Due cose si presentavano davanti per dar mano alla pia impresa; il luogo dell’edifizio, il titolo sotto cui dovesse consacrarsi. Affinché si potessero secondare i disegni della Divina Provvidenza, questa chiesa doveva edificarsi nella via Cottolengo in sito spazioso, libero, nel centro di quella grande popolazione. Venne pertanto scelto un’area posta fra la detta via Cottolengo e l’Oratorio di s. Francesco di Sales.
            Mentre poi si stava deliberando intorno al titolo sotto cui porre il novello edifizio, un incidente sciolse ogni dubbio. Il sommo Pontefice il regnante Pio IX, cui nulla sfugge di quanto può tornare vantaggioso alla Religione, informato della necessità di una chiesa nel luogo sopra indicato, mandò la sua prima graziosa offerta di franchi 500, facendo sentire che Maria Ausiliatrice sarebbe stato un titolo certamente gradito all’augusta Regina del cielo. Accompagnava poi la caritatevole offerta con una speciale benedizione agli oblatori aggiungendo queste parole: “Questa tenue offerta abbia più potenti e generosi oblatori che cooperino a promuovere la gloria dell’augusta Madre di Dio in terra, e così si accresca il numero di quelli che un giorno le faranno gloriosa corona in cielo.”
            Stabilito così il luogo e il nome dell’edifizio, un benemerito ingegnere, cav. Antonio Spezia, ne concepì il disegno, lo sviluppò in forma di croce latina sopra una superficie di 1200 metri quadrati. In questo tratto di tempo nacquero non piccole difficoltà, ma la Santa Vergine, che voleva questo edifizio a sua maggior gloria, dileguò, o meglio allontanò tutti gli ostacoli che si presentavano allora e che più gravi ancora si sarebbero in appresso presentati. Laonde non si pensò più ad altro che a dar cominciamento al sospirato edifizio.


Capo XVI. Principio dell’edifizio e funzione della pietra fondamentale.

            Fatti gli scavi all’ordinaria profondità, eravamo in procinto di gettare giù le prime pietre, e la prima calce, quando ci siamo accorti che le fondamenta appoggiavano sopra terreno di alluvione e perciò inetto a sostenere le basi di un edifizio di quella fatta. Si dovettero perciò approfondare di più gli scavi, fare una forte e larga palificata corrispondente alla periferia della progettata costruzione.
            Il palificare e scavare a notabile profondità fu cagione di maggiori spese sia per l’aumento dei lavori, sia per la copia di materiali e di legnami che dovevano collocarsi sotto terra. Ciò nonostante i lavori furono alacremente continuati, e il 27 aprile 1865 si poterono benedire le fondamenta e porre la pietra angolare.
            Per comprendere il significato di questa funzione conviene osservare essere disciplina della Chiesa Cattolica che niuno debba incominciare la fabbrica di un sacro edifizio senza espressa licenza del vescovo, sotto la cui giurisdizione si ritrova il terreno che si vuole destinare a questo scopo. Aedificare ecclesiam nemo potest, nisi auctoritate dioecesani[3].
            Conosciuta la necessità della Chiesa e stabilitone il luogo, il vescovo in persona o per mezzo di un suo incaricato va a porre la pietra fondamentale. Questa pietra figura Gesù Cristo che nei libri santi è detto pietra angolare, ovvero il fondamento di ogni autorità, di ogni santità. Il vescovo poi con quell’atto indica che egli riconosce la sua autorità da Gesù Cristo, cui quell’edificio appartiene, e da cui deve dipendere ogni esercizio religioso che sia per farsi in avvenire in quella chiesa, mentre il vescovo ne prende possesso spirituale mettendo la pietra fondamentale.
            I fedeli della Chiesa primitiva, quando volevano fabbricare qualche chiesa, ne contrassegnavano prima il luogo colla croce per denotare che quel sito, destinandosi al culto del vero Dio, non poteva più servire ad uso profano.
            La benedizione poi si fa dal vescovo ad esempio di quanto fece il patriarca Giacobbe allora che in un deserto alzò una pietra sopra cui fece sacrificio al Signore: Lapis iste, quem erexi in titulum, vocabitur domus Dei.
            È pur bene qui di notare che ogni chiesa, ed ogni culto che in quella si esercita è sempre rivolto a Dio, cui ogni atto, ogni parola, ogni segno è dedicato e consacrato. Questo atto religioso si dice Latria ossia culto supremo, o servizio per eccellenza che si presta solamente a Dio. Le chiese si sogliono anche dedicare ai santi con un secondo culto che si dice Dulia, che vuol dire servizio prestato ai servi del Signore.
            Quando poi il culto è indirizzato alla Beata Vergine dicesi Iperdulia, vale a dire servizio sopra eminente a quello che si rende ai santi. Ma la gloria e l’onore che si tributano ai santi ed alla B. Vergine non si fermano in loro, ma per loro mezzo vanno a finire in Dio che è il termine delle nostre preghiere e delle nostre azioni. Quindi le chiese sono tutte consacrate primieramente a DioOttimo Massimo, poi alla B. Vergine; quindi a qualche santo a beneplacito dei fedeli. Così leggiamo che s. Marco Evangelista in Alessandria d’Egitto consacrò una chiesa a Dio ed al suo maestro s. Pietro apostolo[4].
            Conviene eziandio osservare intorno a queste funzioni, che talvolta il vescovo benedice la pietra angolare e qualche distinto personaggio la depone al suo posto, e mette sopra la prima calce. Così abbiamo dalla storia che il Sommo Pontefice Innocenzo X nell’anno 1652 benedisse la pietra fondamentale della chiesa di s. Agnese in Piazza Navona, mentre il principe Pamfili Duca di Carpinete la depose giù nelle fondamenta.
            Così nel nostro caso Mons. Odone di felice memoria vescovo di Susa era incaricato di fare la funzione religiosa mentre il Principe Amedeo di Savoia collocava a suo posto la pietra angolare, e vi metteva sopra la prima calce.
            Pertanto il giorno 27 aprile 1865, alle due di sera si cominciò la religiosa funzione. Il tempo era sereno, una moltitudine di gente, la prima nobiltà torinese ed anche non torinese era intervenuta. I giovanetti appartenenti alla casa di Mirabello in quella occasione erano venuti a formare coi loro compagni torinesi una specie di esercito.
            Il venerando Prelato dopo le preci e i salmi prescritti asperse con acqua lustrale le fondamenta del disegnato edifizio, di poi si portò presso al pilastro della cupola nel lato del Vangelo, il quale sorgeva già al livello dell’attuale pavimento. Qui fu redatto un verbale di quanto si faceva, e si lesse ad alta voce nel tenore seguente:
            “L’anno del Signore mille ottocento sessantacinque, il ventisette aprile, ore due di sera; l’anno decimonono del Pontificato di Pio IX, dei Conti Mastai Ferretti felicemente regnante; l’anno decimosettimo di Vittorio Emanuele II; essendo vacante la sede arcivescovile di Torino per la morte di Monsignor Luigi dei Marchesi Franzoni, Vicario Capitolare il Teologo Collegiato Giuseppe Zappata; curato della Parrocchia di Borgo Dora il Teologo Cattino Cav. Agostino; direttore dell’Oratorio di san Francesco il sacerdote Bosco Giovanni; alla presenza di S. A. R. il Principe Amedeo di Savoia, Duca d’Aosta; del conte Costantino Radicati Prefetto di Torino; della Giunta Municipale rappresentata dal Sindaco di questa città Lucerna di Rorà marchese Emanuele, e dalla Commissione promotrice di questa chiesa[5] da dedicarsi a Dio OttimoMassimo ed a Maria Ausiliatrice, Monsignor Odone G. Antonio vescovo di Susa, avuta l’opportuna facoltà dall’Ordinario di questa Archidiocesi, ha proceduto alla benedizione delle fondamenta di questa chiesa e collocazione della pietra angolare della medesima nel pilastro grande della cupola nel lato del Vangelo dell’altare maggiore. In questa pietra sono state chiuse alcune monete di metallo e di valore diverso, alcune medaglie portanti l’effigie del Sommo Pontefice Pio IX e del nostro Sovrano, una iscrizione in latino che ricorda l’oggetto di questa sacra funzione. Il benemerito ingegnere architetto cav. Spezia Antonio, il quale ne concepì il disegno e con spirito cristiano prestò e presta tuttora l’opera sua nella direzione dei lavori.
            La forma della chiesa è di croce latina, della superficie di mille duecento metri; motivo di questa costruzione è la mancanza di chiese fra i fedeli di Valdocco, e per dare un pubblico attestato di gratitudine alla gran Madre di Dio pei grandi benefizi ricevuti, per quelli che in maggior copia si attendono da questa celeste Benefattrice. L’opera fu cominciata, e si spera che sarà condotta a felice termine colla carità dei devoti.
            Gli abitanti di questo Borgo di Valdocco, i Torinesi ed altri fedeli da Maria beneficati, riuniti ora in questo benedetto recinto, mandano unanimi al Signore Iddio, alla Vergine Maria, aiuto dei cristiani, una fervida preghiera per ottenere dal cielo copiose benedizioni sopra i Torinesi sopra i cristiani di tutto il mondo, e in modo particolare sopra il Capo supremo della Chiesa cattolica, promotore ed insigne benefattore di questo sacro edifizio, sopra tutte le autorità ecclesiastiche, sopra l’augusto nostro Sovrano, e sopra tutta la reale Famiglia, e specialmente sopra S. A. R. il Principe Amedeo, che accettando l’umile invito diede un segno di venerazione alla gran Madre di Dio. L’augusta Regina del Cielo assicuri un posto nella eterna beatitudine a tutti quelli che hanno dato o daranno opera a condurre a termine questo sacro edifizio, o in qualche altro modo contribuiranno ad accrescere il culto e la gloria di Lei sopra la terra.”
            Letto ed approvato questo verbale, fu sottoscritto da tutti quelli che furono sopra nominati e dai più illustri personaggi che si trovano presenti. Di poi fu piegato e fasciato col disegno della chiesa e con qualche altro scritto, e riposto in un vaso di vetro appositamente preparato. Chiuso questo ermeticamente venne collocato nel cavo fatto in mezzo alla pietra fondamentale. Benedetta ogni cosa dal vescovo, fu sopra posta altra pietra, e il Principe Amedeo vi pose la prima calce. Dopo i muratori continuarono il loro lavoro fino all’altezza di oltre un metro di costruzione.
            Compiuti ancora gli altri riti religiosi, i prelodati personaggi visitarono lo stabilimento, di poi assistettero ad una rappresentazione dei giovani stessi. Loro si lessero varie poesie di opportunità, si eseguirono diversi pezzi di musica vocale e strumentale con un dialogo, in cui si dava un cenno storico sulla solennità del giorno[6].
            Terminato il piacevole trattenimento chiudeva la giornata una devota azione di grazie al Signore colla benedizione del SS. Sacramento. S. A. R. col suo corteggio lasciavano l’Oratorio alle ore 5 1/2 mostrandosi ognuno pienamente soddisfatto.
            L’Augusto Principe fra gli altri segni di gradimento offrì la graziosa somma di fr. 500 della sua cassetta particolare, e regalò gli attrezzi di sua ginnastica ai giovani di questo stabilimento. Poco dopo l’ingegnere era decorato della croce dei santi Maurizio e Lazzaro.

(continua)


[1] Alla morte di quel principe, il conte Tesauro fece la seguente epigrafe, che venne scolpita nel pavimento dell’altare.
D. O. M.
SERENISSIMIS PRINCEPS MAURITIUS SABAUDIAE
MELIOREM SUI PARTEM
COR
QUOD VIVENS
SUMMAE REGINAE COELORUM LITAVERAT
MORIENS CONSECRAVIT
HICQUE AD MINIMOS QUOS CORDE DILIGERAT
APPONI VOLUIT
CLAUSIT ULTIMUM DIEM
QUINTO NONAS OCTOBRIS MDCLVII.

[2] Questo quartiere si chiama Valdocco dalle iniziali Val. Oc. Vallis Occisorum ossia valle degli uccisi, perché essa fu innaffiata dal sangue dei santi Avventore ed Ottavio, i quali qui riportarono la palma del martirio.

Dalla chiesa parrocchiale di Borgo Dora tirando una linea fino alla chiesa della Consolata ed a quella di Borgo s. Donato; di poi volgendo alla regia fucina delle canne sino al fiume Dora, avvi uno spazio coperto di case, ove hanno stanza oltre a 35,000 abitanti, tra cui non esisteva alcuna pubblica chiesa.

[3] Concilio Aurelian. dist. l, De consacr.

[4] Vedi Moroni, articolo Chiese.

[5] Membri della commissione promotrice della lotteria per questa chiesa.

LUCERNA DI RORA’ March. Emanuele Sindaco della città di Torino Presidente onorario

SCARAMPI DI PRUNEY March. LODOVICO Presidente

FASSATI March. DOMENICO V. Presidente

MORIS Comm. GIUSEPPE Consigliere Municipale V. Presidente

GRIBAUDI sig. GIOVANNI Dott. in Medicina e Chirurgia. Segretario

OREGLIA DI S. STEFANO Cav. FEDERICO Segretario

COTTA Commendatore GIUSEPPE Senatore del Regno Cassiere

ANZINO Teol. Can. VALERIO Cappellano di Sua Maestà

BERTONE DI SAMBUY Conte ERNESTO Direttore dell’esposizione

BOGGIO Bar. GIUSEPPE Direttore dell’esposizione

BOSCO DI RUFFINO Cav. ALERAMO

BONA COMRNEN. Direttore generale delle ferrovie meridionali

BOSCO sac. GIOVANNI Direttore degli Oratorii

CAYS DI GILEITA Conte CARLO Direttore dell’esposizione

DUPRA’ Cav. GIO. Batt. Ragioniere alla Camera dei Conti

DUPRÈ Cav. GIUSEPPE Consigliere Municipale

FENOGLIO Commendatore PIETRO Economo generale

FERRARI DI CASTELNUOVO March. EVASIO

GIRIODI Cav. CARLO Direttore dell’esposizione

MINELLA sac. VINCENZO Direttore dell’esposizione

PERNATI DI MOMO Cav. Comm. Ministro di Stato, Senatore del Regno

PATERI Cav. ILARIO Prof. e Consigliere Municipale

PROVANA DI COLLEGNO Conte ed Avvocato ALESSANDRO

RADICATI Conte COSTANTINO Prefetto

REBAUDENGO Comm. Gio. Segretario Generale del Ministro della Casa Reale

SCARAMPI DI VILLANUOVA Cav. CLEMENTE Direttore dell’esposizione

SOLARO DELLA MARGHERITA Conte ALBERTO

SPERINO Comm. CASIMIRO Dottore in Medicina e Chirurgia

UCCELLETTI sig. CARLO Direttore dell’esposizione

VOGLIOTTI Cav. ALESSANDRO Can. Teol. Pro-Vicario Generale

VILLA DI MOMPASCALE Conte GIUSEPPE Direttore dell’esposizione

VIRETTI sig. Avvocato MAURIZIO Direttore dell’esposizione

[6] Una delle poesie col dialogo e colla iscrizione si possono leggere nell’Appendice posta in fine del libretto.