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Ha fatto tutto lei, la Madonna”, siamo soliti leggere nella letteratura spirituale salesiana, per indicare che la Vergine è stata all’origine di tutta la vicenda di don Bosco. Se applichiamo l’espressione alla costruzione della chiesa di Maria Ausiliatrice, essa trova un forte spessore di verità documentatissima, fermo restando sempre che, accanto all’intervento celeste, anche don Bosco ha fatto la sua parte, eccome!


Il lancio dell’idea e prime promesse di sussidi (1863)
A fine gennaio ­ inizio febbraio 1863 don Bosco diffuse un’ampia circolare circa lo scopo di una chiesa, intitolata a Maria Ausiliatrice, che aveva in animo di costruire a Valdocco: doveva servire per la massa dei giovani ivi accolti e per le ventimila anime del territorio circostante, con l’ulteriore possibilità di essere eretta a parrocchia dall’autorità diocesana.
Poco dopo, il 13 febbraio, comunicò al papa Pio IX, non solo che la chiesa era parrocchiale, ma che era già “in via di costruzione”. Da Roma ottenne l’esito sperato: a fine marzo ricevette 500 lire. Ringraziando il cardinale di Stato Antonelli per il sussidio ricevuto scriveva che “i lavori… sono per cominciarsi”. In effetti in maggio acquistò terreni e legname destinati alla cinta del cantiere e in estate si iniziarono i lavori di scavo, continuati poi fino all’autunno.
Alla vigilia della festa di Maria Ausiliatrice, il 23 maggio, il Ministero di Grazia, Giustizia e Culto, sentito il sindaco, marchese Emanuele Luserna, si dichiarò disponibile a concedere un sussidio. Don Bosco colse l’occasione per fare un immediato appello alla generosità del primo Segretario dell’Ordine Mauriziano e del sindaco. A questi, anzi, nella stessa data inviò un duplice appello: al primo, in forma privata, chiese il maggior sussidio possibile ricordandogli l’impegno che aveva assunto in occasione di una sua visita a Valdocco; con il secondo, in via formale, ufficiale, fece lo stesso, ma dilungandosi in particolari circa l’erigenda chiesa.

Le prime risposte interlocutorie
Agli appelli lanciati per ottenere offerte, seguirono le risposte. Quella del 29 maggio del segretario dell’Ordine Mauriziano fu negativa per l’anno in corso, ma non per l’anno successivo quando si sarebbe potuto mettere a bilancio un non meglio precisato sussidio. La risposta invece del 26 luglio da parte del Ministero fu positiva: venivano stanziate 6000 lire, ma la metà sarebbe stata consegnata all’uscita delle fondamenta al livello del suolo, l’altra metà alla copertura della chiesa; il tutto però condizionato dal sopralluogo e assenso di un’apposita commissione governativa. Infine l’11 dicembre giunse la risposta, purtroppo negativa, della Giunta comunale: il concorso economico del Comune era previsto solo per le chiese parrocchiali e quella di don Bosco non lo era. Ma neppure poteva esserlo facilmente, stante la sede vacante dell’arcidiocesi. Don Bosco si prese allora qualche giorno di riflessione e alla vigilia di Natale ribadì al sindaco la sua intenzione di costruire una grande chiesa parrocchiale a servizio del “popolatissimo quartiere”. In caso di mancato sussidio comunale, avrebbe dovuto limitarsi ad una chiesa di dimensioni molto più ridotte. Ma anche il nuovo appello cadde nel vuoto.
L’anno 1863 si chiudeva così per don Bosco con poco di concreto, salvo qualche generica promessa. C’era di che scoraggiarsi. Ma se le pubbliche autorità latitavano sul piano economico – pensava don Bosco – la divina Provvidenza non sarebbe venuta meno. Ne aveva sperimentato infatti la forte presenza una quindicina di anni prima, in occasione della costruzione della chiesa di San Francesco di Sales. Pertanto all’ingegner Antonio Spezia, già da lui conosciuto come ottimo professionista, affidò il compito di tracciare il progetto della nuova chiesa che aveva in mente. Fra l’altro avrebbe lavorato, ancora una volta, gratuitamente.

L’anno decisivo (1864)

In poco più di un mese il progetto era pronto, per cui a fine gennaio 1864 venne consegnato alla Commissione edilizia comunale. Intanto don Bosco aveva chiesto alla direzione delle ferrovie dello Stato dell’Alta Italia il trasporto gratuito a Torino delle pietre da Borgone nella bassa Val di Susa. Il favore venne accordato in tempi rapidi, ma non così avvenne per la Commissione edilizia. A metà marzo essa infatti respinse i disegni consegnati per “non regolarità di costruzione”, con l’invito all’ingegnere di modificarli. Ripresentati il 14 maggio, vennero trovati difettosi nuovamente il 23 maggio, con un ulteriore invito a tenerne conto; in alternativa si suggerì di pensare ad un diverso progetto. Don Bosco accolse la prima proposta, il 27 maggio il progetto, rivisto, venne approvato ed il 2 giugno il Comune rilasciò la licenza edilizia.

Prima foto della chiesa di Maria Ausiliatrice

Intanto don Bosco non aveva perso tempo. Aveva chiesto al sindaco di far tracciare l’esatta rettilineazione dell’infossata via Cottolengo, onde poter a proprie spese rialzarla con il materiale dello scavo della chiesa. Inoltre aveva diffuso al centro­nord Italia, tramite alcuni fidatissimi benefattori, una circolare a stampa in cui presentava le motivazioni pastorale della nuova chiesa, le dimensioni, i relativi costi (invero poi quadruplicati in corso d’opera). L’appello, indirizzato soprattutto ai “divoti di Maria”, era accompagnato da una scheda di iscrizione per quanti volessero indicare in anticipo la somma che avrebbero versato nel triennio 1864­1866. La circolare indicava anche la possibilità di offrire materiali per la chiesa o altri oggetti ad essa necessari. In aprile l’annunzio fu pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del Regno e su “L’Unità Cattolica”.
I lavori proseguivano e don Bosco non poteva assentarsi per le continue richieste di modificazioni, soprattutto circa le linee di demarcazione sull’irregolare Via Cottolengo. In settembre ad una più ampia cerchia di benefattori inviò una nuova circolare, sul modello di quella precedente, ma con la precisazione che i lavori sarebbero terminati entro tre anni. Ne spedì copia pure ai principi Tommaso ed Eugenio di casa Savoia e al sindaco Emanuele Luserna di Rorà; a questi però chiese di nuovo solo di collaborare al progetto rettificando via Cottolengo.

Debiti, una lotteria e tanto coraggio
A fine gennaio 1865, in occasione della festa di san Francesco di Sales che vedeva radunati a Valdocco salesiani provenienti da varie case, don Bosco comunicò loro l’intenzione di avviare una nuova lotteria per raccogliere fondi per il prosieguo dei lavori (di scavo) per la chiesa. Dovette però rimandarla per la contemporanea presenza in città di un’altra in favore dei sordomuti. Di conseguenza i lavori, che sarebbero ripresi in primavera dopo la pausa invernale, non avevano copertura economica. Ecco allora don Bosco chiedere urgentemente all’amico e confratello di Mornese, don Domenico Pestarino, un prestito di 5000 lire (20 000 euro). Non voleva infatti ricorrere ad un mutuo bancario troppo oneroso nella capitale. Come non bastassero gli spinosi problemi finanziari, ne sorsero in concomitanza degli altri con i confinanti, in particolare con quelli della casa Bellezza. Don Bosco dovette pagare loro un indennizzo per la rinuncia al passaggio per Via della Giardiniera, che dunque veniva soppressa.

Solenne posa della prima pietra

Venne finalmente il giorno della posa della prima pietra della Basilica di Maria Ausiliatrice, il 27 aprile 1865. Don Bosco tre giorni prima, ne diramò gli inviti, nei quali annunciava che Sua Altezza reale il principe Amedeo di Savoia avrebbe messo la prima calce, mentre la funzione religiosa sarebbe stata presieduta dal vescovo di Casale, monsignor Pietro Maria Ferrè. Questi venne però a mancare all’ultimo minuto e la solenne cerimonia fu celebrata dal vescovo di Susa, monsignor Giovanni Antonio Odone, alla presenza del Prefetto della città, del Sindaco, di vari consiglieri comunali, di benefattori, di membri della nobiltà cittadina e della Commissione per la Lotteria. Il corteo del duca Amedeo venne accolto al suono della marcia reale dalla banda e dal coro di voci bianche degli allievi di Valdocco e del collegio di Mirabello. La stampa cittadina fece da cassa di risonanza al festoso evento e don Bosco, da par suo, cogliendone il grande significato politico-religioso, ne ampliò la storica portata con proprie pubblicazioni.

Piazza e chiesa di Maria Ausiliatrice

Tre giorni dopo, in una lunga e sofferta lettera a papa Pio IX per la difficile situazione in cui si trovava la Santa Sede a fronte della politica del Regno d’Italia, accennava alla chiesa ormai già con i muri fuori della terra. Chiedeva la benedizione sull’impresa in corso e dei doni per la lotteria che stava per lanciare. In effetti a metà maggio ne chiese formalmente l’autorizzazione alla Prefettura di Torino, motivandola con la necessità di saldare i debiti dei vari oratori di Torino, di provvedere vitto, vestito, alloggio e scuola ai circa 880 allievi di Valdocco e di continuare i lavori della chiesa di Maria Ausiliatrice. Ovviamente si impegnava ad osservare tutte le numerose disposizioni di legge al riguardo.


(continua)

P. Francesco MOTTO
Salesiano di Don Bosco, esperto di san Giovanni Bosco, autore di vari libri. Dottore in storia e Teologia, Docente invitato presso l’Università Pontificia Salesiana. Cofondatore e direttore per 20 anni dell’Istituto Storico Salesiano (ISS) e della rivista “Ricerche Storiche salesiane” (1992-2012), è fra i fondatori dell’Associazione Cultori di Storia salesiana (ACSSA), di cui è attuale Presidente (2015-2023). È stato consultore della Congregazione delle cause dei santi (2009-2014).