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(continuazione dall’articolo precedente)


La lotteria
L’autorizzazione venne concessa in tempi rapidissimi, per cui a Valdocco immediatamente si avviò la complessa macchina di raccolta e valutazione dei doni e di smercio dei biglietti: tutto come indicato nel piano di regolamento diffuso a mezzo stampa. Ad operare in prima persona per avere nominativi di personaggi di rilievo da inserire nel catalogo dei Promotori, per chiedere altri doni, per trovare acquirenti o “smerciatori” di biglietti della lotteria, fu il cav. Federico Oreglia di Santo Stefano, salesiano coadiutore. La lotteria venne ovviamente pubblicizzata sulla stampa cattolica della città, anche se solo dopo la chiusura, ai primi di giugno, di quella dei sordomuti.

I lavori continuano, le spese pure, i debiti anche
Il 4 giugno i lavori di muratura erano già due metri fuori dal suolo, ma il 2 luglio don Bosco fu costretto a ricorrere con urgenza ad un generoso benefattore, perché il capomastro Buzzetti potesse pagare la “quindicina agli operai” (8000 euro). Pochi giorni dopo nuovamente chiese ad un altro nobile benefattore se poteva impegnarsi a pagare lungo l’anno almeno qualcuno dei quattro lotti di tegole, assi ed assicelle per il tetto della chiesa, per un totale di spesa di circa 16 000 lire (64 000 euro). Il 17 luglio fu la volta di un sacerdote promotore della lotteria ad essere richiesto di pressante aiuto per poter pagare “un’altra quindicina per gli operai”: don Bosco gli propose di fargli avere il denaro con un immediato mutuo bancario, ovvero di prepararglielo per fine settimana quando lui stesso sarebbe andato a prenderlo o anche, meglio ancora, di portarglielo direttamente a Valdocco, dove avrebbe potuto vedere di persona la chiesa in costruzione. Insomma si navigava a vista ed il rischio di affondare per carenza di liquidità si rinnovava ogni mese.
Il 10 agosto mandò i moduli stampati alla contessa Virginia Cambray Digny, moglie del sindaco di Firenze, nuova capitale del Regno, invitandola a promuovere personalmente la lotteria. A fine mese una parte delle mura era già al tetto. E poco prima di Natale al marchese Angelo Nobili Vitelleschi di Firenze mandò 400 biglietti con preghiera di smerciarli fra le persone conosciute.
La ricerca di oggetti-dono per la lotteria di Valdocco e lo smercio dei relativi biglietti sarebbero proseguiti pure gli anni seguenti. Le circolari di don Bosco si sarebbero diffuse soprattutto al centro nord del Paese. Pure i benefattori di Roma, il papa in persona, avrebbe fatto la sua parte. Ma perché avrebbero dovuto impegnarsi a smerciare biglietti della lotteria per costruire una chiesa che non era la loro, per di più in una città che aveva appena cessato di essere capitale del Regno (gennaio 1865)?
Le motivazioni potevano essere varie, fra cui evidentemente quella di vincere qualche bel premio; ma di certo una fra le maggiori era di indole spirituale: a tutti coloro che avessero contribuito a costruire la “casa di Maria” in terra, a Valdocco, mediante elemosine in genere o il pagamento di strutture o di oggetti (finestre, vetrate, altare, campane, paramenti…) don Bosco, a nome della Vergine Maria, assicurava un premio speciale: un “bell’alloggio”, una “camera” ma non in un luogo qualunque, bensì “in paradiso”.

La Madonna fa la questua per la sua chiesa

Il 15 gennaio 1867 la Prefettura di Torino con apposito decreto fissa l’estrazione dei biglietti della lotteria il 1° aprile. Da Valdocco ci si affretta a spedire in tutta Italia i biglietti rimasti, con preghiera di restituire quelli invenduti entro metà marzo, così da poterli rispedire altrove prima dell’estrazione.
Don Bosco, che già da fine dicembre 1866 si era accinto ad un secondo viaggio a Roma (9 anni dopo il primo), con tappa a Firenze, per cercare di mettere d’accordo Stato e Chiesa sulla nomina di nuovi vescovi, ne approfitta per ripercorrere la rete delle sue amicizie fiorentine e romane. Riesce a smerciare molte mazzette di biglietti, tant’è che il compagno di viaggio, don Francesia sollecita la spedizione di altre, perché “tutti ne vogliono”.

La basilica e la primitiva piazza

Se al momento la benefica Torino, declassata dal ruolo di capitale del Regno, è in crisi, Firenze invece sta crescendo e così fa la sua parte con tante generose nobildonne; Bologna non è da meno, con il marchese Prospero Bevilacqua e la contessa Sassatelli. Non manca Milano, anche se proprio alla milanese Rosa Guenzati il 21 marzo don Bosco confida: “La lotteria si avvicina al suo termine ed abbiano ancora molti biglietti”.
Quale il risultato economico finale della lotteria? Circa 90 000 lire [328 000 euro], una bella cifra, si direbbe, ma che costituisce solo un sesto del denaro già speso; tant’è vero che il 3 aprile don Bosco deve chiedere ad un benefattore un urgente prestito di 5000 lire [18 250 euro] per un pagamento indilazionabile di materiale edilizio: gli era venuta meno un’entrata prevista.

La Madonna interviene
La settimana seguente don Bosco, trattando degli altari laterali con la contessa Virginia Cambray Digny di Firenze – si era fatta personalmente promotrice di una raccolta di fondi per un altare da dedicarsi a sant’Anna (madre della Madonna) – le comunica la ripresa dei lavori e la speranza (risultata poi vana) di potere inaugurare la chiesa entro l’anno. Conta sempre e soprattutto sulle offerte per le grazie che la Madonna concede di continuo agli oblatori e lo scrive a tutti, alla stessa Cambray Digny, alla signorina Pellico, sorella del famoso Silvio ecc. Qualche benefattrice, incredula, gliene chiede conferma e don Bosco lo ribadisce.

La basilica di Maria Ausiliatrice come la costruì Don Bosco

Le grazie aumentano, la loro fama si diffonde e don Bosco deve contenersi perché, come scrive il 9 maggio al cavaliere Oreglia di S. Stefano, salesiano inviato a Roma a cercare beneficenza: “Io non le posso scrivere perché ci sono interessato”. Invero non può mancare di aggiornare il suo elemosiniere il mese seguente: “Un signore guarito di un braccio portò immediatamente 3000 lire [11 000 euro] con cui si sono pagati una parte dei debiti dell’anno precedente… Io non ho mai vantato cose straordinarie; io ho sempre detto che M.SS. Ausiliatrice ha conceduto e concede tuttora grazie straordinarie a quelli che in qualche modo concorrono alla costruzione di questa chiesa. Io ho sempre detto e dico: ‘l’offerta si farà a grazia ricevuta, non prima’ [corsivo nell’originale]”. E il 25 luglio alla contessa Callori racconta di una ragazza da lui ricevuta, “pazza e furiosa” trattenuta da due uomini; appena benedetta si calmò e si confessò.

Se la Madonna si attiva, don Bosco non sta certo fermo. Il 24 maggio spedisce altra circolare per l’erezione e l’arredo della cappella dei SS. Cuori di Gesù e Maria: allega un modulo per l’iscrizione di offerta mensile, mentre chiede a tutti un’Ave Maria per gli oblatori. Lo stesso giorno, con una notevole “faccia tosta” domanda alla madre Galeffi delle Oblate di Tor de Specchi di Roma, se i 2000 scudi promessi tempo prima per l’altare dei SS. Cuori fanno parte, o no, della sua rinnovata disponibilità a fare altre cose per la chiesa. Il 4 luglio ringrazia il principe Orazio Falconieri di Carpegna di Roma per dono di calice e offerta per la chiesa. A tutti scrive che la chiesa avanza ed attende doni promessi, come gli altari delle cappelle, le campane, le balaustrine ecc. Le grandi offerte provengono dunque dagli aristocratici, dai principi della chiesa, ma non manca l’“obolo della vedova”, le offerte capillari della gente semplice: “La settimana scorsa in piccole offerte fatte per grazie ricevute vennero registrati 3800 franchi” [12 800 euro].
Il 20 febbraio 1867 la “Gazzetta Piemontese” dà la seguente notizia: “alle tante calamità ond’è afflitta l’Italia – [si pensi alla terza guerra d’indipendenza appena conclusa], ora dobbiamo aggiungere la ricomparsa del colera”. È l’inizio dell’incubo che minaccerà l’Italia per dodici mesi successivi, con decine di migliaia di morti in tutto il paese, Roma compresa, dove il morbo miete vittime anche fra personalità civili ed ecclesiastiche.
Sono preoccupatissimi i benefattori di don Bosco, che però li tranquillizza: “niuno di quelli che prendono parte alla costruzione della chiesa in onore di Maria sarà vittima di questi malanni, purché si riponga fiducia in lei”, scrive ad inizio luglio alla duchessa di Sora.

(continua)

P. Francesco MOTTO
Salesiano di Don Bosco, esperto di san Giovanni Bosco, autore di vari libri. Dottore in storia e Teologia, Docente invitato presso l’Università Pontificia Salesiana. Cofondatore e direttore per 20 anni dell’Istituto Storico Salesiano (ISS) e della rivista “Ricerche Storiche salesiane” (1992-2012), è fra i fondatori dell’Associazione Cultori di Storia salesiana (ACSSA), di cui è attuale Presidente (2015-2023). È stato consultore della Congregazione delle cause dei santi (2009-2014).