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Il Sudafrica o Africa del Sud, ufficialmente Repubblica del Sudafrica, è un paese multiculturale, uno dei pochi paesi nel mondo con 11 lingue ufficiali parlate da altre tante etnie. È un paese che ha sofferto per più di 40 anni la segregazione razziale, istituita nel 1948 dal governo di etnia bianca del paese e rimasta in vigore fino al 1991. Chiamata l’apartheid, era una politica di separazione per criteri razziali, condannata ufficialmente dall’Organizzazione delle Nazioni Unite nel 1973, quando dichiarò l’apartheid un crimine contro l’umanità.
Oggi a distanza di tani anni, neri, bianchi, meticci e asiatici vivono insieme, anche se si sentono ancora le mentalità segregazioniste. In questo paese, una ventina di anni fa, è arrivato come missionario un salesiano paraguayano don Alberto Higinio Villalba, oggi economo ispettoriale e direttore della casa salesiana di Johannesburg. Le abbiamo chiesto che ci racconti un po’ della realizzazione del suo sogno missionario.



Sono nato ad Asunción, la capitale del Paraguay, un piccolo paese del Sud America, circondato da Argentina, Brasile e Bolivia. Provengo da una famiglia di 6 figli, tre maschi e tre femmine. Io sono il secondogenito. Tutta la mia famiglia è in Paraguay; i miei genitori sono ancora vivi, anche se con alcuni problemi di salute legati alla loro età. Il desiderio di diventare missionario viene da molto lontano, da giovane, insieme al Movimento Giovanile Salesiano, andavo a fare apostolato nei villaggi e nelle stazioni periferiche, aiutando i bambini con la catechesi e nelle attività degli oratori. Poi, quando ero prenovizio salesiano, ho incontrato un sacerdote spagnolo, don Martín Rodriguez, che ha condiviso con me la sua esperienza di missionario nel Chaco Paraguayo: in quel momento si rafforzò il desiderio di diventare missionario.
Ma fu grazie al Rettor Maggiore don Vecchi che decisi di partire: il suo appello missionario a tutte le ispettorie mi interpellò e, parlando con il mio Ispettore, don Cristóbal López, oggi cardinale e arcivescovo di Rabat, decisi di prendere parte alla spedizione missionaria del 2000.

Certo, non è stato facile, sin dall’inizio ho incontrato diversi shock culturali che ho dovuto superare con pazienza e impegno. Prima di arrivare in Africa, sono stato mandato in Irlanda per imparare l’inglese: tutto era molto nuovo per me, molto impegnativo. Una volta atterrato in Sudafrica, non più una sola lingua nuova che non capivo, ma molte di più! In effetti, il Sudafrica ha undici lingue ufficiali e l’inglese è solo una di queste. In compenso, l’accoglienza dei salesiani è stata molto calorosa e gentile.

Dico sempre che per diventare missionari non c’è bisogno di lasciare il paese, la cultura, la famiglia, e tutto il resto. Essere missionari significa portare Gesù alle persone ovunque ci troviamo; e questo possiamo farlo nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità, dove lavoriamo. Tuttavia, diventare missionari “ad gentes” significa rispondere alla generosità di Dio che ha condiviso con noi suo Figlio attraverso i missionari che hanno evangelizzato i nostri continenti e alla generosità di don Bosco che ha inviato i suoi missionari a condividere con noi il carisma salesiano. Se ci sono state così tante persone che hanno lasciato i loro Paesi e la loro cultura per condividere con noi Cristo e don Bosco, allora possiamo anche noi rispondere a quell’amore e a quella gentilezza per condividere gli stessi doni con gli altri.

Parlando dell’Africa del Sud, la Visitatoria dell’Africa Meridionale comprende tre paesi: il Sudafrica, dove i salesiani sono arrivati nel 1896, il regno di Eswatini (arrivati 75 anni fa) e il regno del Lesotho. Tanti cambiamenti sono avvenuti negli anni: siamo passati dai centri tecnici alle scuole, alle parrocchie e ora ai progetti. Attualmente abbiamo sette comunità, la maggior parte delle quali con alcune parrocchie e centri di formazione o oratori annessi alle comunità.
Essendo in Africa ormai da più di 20 anni, direi che l’esperienza più bella della mia vita salesiana l’ho vissuta in Eswatini, lavorando per il Manzini Youth Care. Quando mi è stato chiesto di occuparmi del progetto, il MYC si trovava in una situazione finanziaria molto difficile e l’organizzazione aveva alcuni mesi di stipendio arretrati. Tuttavia, le persone che lavoravano per i progetti non si erano mai lamentate e ogni giorno arrivavano con lo stesso entusiasmo e la stessa energia per fare del loro meglio per contribuire alla vita dei giovani, per cui MYC lavorava.
È qui dove si vede veramente l’impegno dei nostri collaboratori laici e fa piacere lavorare con loro.
Vogliamo fare tanto, pero dal punto di vista vocazionale, siamo diminuiti e abbiamo bisogno dell’aiuto di salesiani che di buon cuore si offrano per aiutarci a diffondere la Buona Novella e la spiritualità salesiana qui in Africa del Sud. Molti salesiani e molte ispettorie continuano a mostrare generosità, mettendo a disposizione le loro risorse umane, inviando missionari nei nostri paesi d’origine. Pertanto, siamo invitati a condividere la stessa generosità e speriamo che si trasformi in una spirale di crescita. Per i figli di Don Bosco, è un dovere far conoscere alla gente chi è nostro padre don Bosco, e la ricca spiritualità del carisma salesiano.


Marco Fulgaro