Nell’immaginario comune le “missioni” riguardano il sud del mondo, in realtà non è un criterio geografico alla base e anche l’Europa è meta di missionari salesiani: in questo articolo parliamo dei Paesi Bassi.
Quando don Bosco sognò, tra il 1871 e il 1872, dei “barbari” e dei “selvaggi”, secondo il linguaggio dell’epoca, alti di statura e con facce feroci, vestiti con pelli di animali che camminavano in una zona a lui completamente sconosciuta con dei missionari in lontananza, nei quali riconobbe i suoi salesiani, allora non poteva prevedere l’enorme sviluppo della Congregazione Salesiana nel mondo. Trentacinque anni dopo – 18 anni dopo la sua morte – i Salesiani avrebbero fondato la loro prima ispettoria in India e 153 anni dopo l’India è diventato il primo Paese al mondo per numero di salesiani. Ciò che Don Bosco non poteva assolutamente immaginare è che i salesiani indiani sarebbero venuti in Europa, in particolare nei Paesi Bassi, per lavorare come missionari e per vivere e sperimentare la propria vocazione.
Incontriamo don Biju Oledath sdb, nato nel 1975 a Kurianad, nel Kerala, nel sud dell’India. Salesiano dal 1993, è arrivato nei Paesi Bassi come missionario nel 1998, dopo gli studi di filosofia presso il collegio salesiano di Sonada. Dopo il tirocinio ha compiuto gli studi teologici presso l’Università Cattolica di Lovanio, in Belgio. Nel 2004 è stato ordinato sacerdote in India e come giovane sacerdote ha svolto il suo servizio nella parrocchia di Alapuzha, nel Kerala, per poi tornare l’anno dopo nei Paesi Bassi come missionario. Attualmente vive e lavora nella comunità salesiana di Assel.
Nel cuore di don Biju, quando era giovane, c’era il seme della missione ad gentes e, in particolare, il desiderio di essere destinato all’Africa, ispirato dai confratelli indiani partiti per il Kenya, la Tanzania e l’Uganda. Questo sogno missionario si alimentava grazie ai loro racconti e a tutto il materiale da loro scritto, lettere e articoli sul lavoro salesiano in Africa. Tuttavia, i superiori pensavano che fosse ancora troppo giovane e non ancora pronto per questo passo e anche la famiglia riteneva che fosse troppo pericoloso per lui in quel momento partire. Ci dice don Biju: “Ripensandoci, sono d’accordo con loro: dovevo prima completare la mia formazione iniziale e volevo davvero studiare teologia in una buona università. Non sarebbe stato così facile in quei Paesi all’epoca”.
Ma se il desiderio missionario è sincero e proviene da Dio, arriva sempre il momento della chiamata: la vocazione missionaria salesiana, infatti, è una chiamata dentro la comune chiamata alla vita consacrata per i Salesiani di Don Bosco. Così nel 1997 a don Biju è stata prospettata la missione ad gentes in Europa, nei Paesi Bassi, sicuramente un progetto molto diverso dalla vita missionaria in Africa. Dopo il tirocinio, avrebbe studiato teologia presso l’Università Cattolica di Lovanio (Belgio). “Ho dovuto deglutire per un momento, ma ero comunque felice di poter partire per un nuovo Paese”, ammette don Biju, che era determinato a girare il mondo per il ben dei giovani.
Non è scontato conoscere il posto in cui si è inviati come missionari, magari si è sentito qualcosa del paese o qualche storia sul suo conto. “Avevo già sentito parlare dei Paesi Bassi, sapevo che si trovava sotto il livello del mare e avevo letto la storia di un bambino che aveva messo un dito in una diga per evitare un’inondazione, salvando così il paese. Ho iniziato subito a cercare un atlante mondiale e all’inizio ho avuto qualche difficoltà a trovarlo tra tutti gli altri grandi paesi europei.” Il padre di don Biju rimase contrario, preoccupato per la distanza e per il lungo viaggio, mentre sua madre lo invitò ad obbedire alla sua vocazione e seguire il suo sogno di felicità.
Prima di raggiungere l’Europa, passò una lunga attesa per ottenere il visto per i Paesi Bassi. Così, don Biju fu destinato al lavoro con i bambini di strada a Bangalore. A metà dicembre 1998, in una fredda giornata invernale, finalmente l’arrivo ad all’aeroporto di Amsterdam, dove l’ispettore e altri due salesiani attendevano il missionario indiano. L’accoglienza calorosa compensò lo shock culturale per l’approccio in un nuovo luogo, molto diverso dall’India, dove fa sempre caldo e tanta gente vive per strada. L’inculturazione richiede tempo per abituarsi, conoscere e comprendere dinamiche totalmente sconosciute a casa propria.
Il primo anno di don Biju è trascorso nella conoscenza delle diverse case e opere salesiane: “ho capito che ci sono persone davvero gentili e ho iniziato ad adattarmi a tutte queste nuove impressioni e abitudini”. I Paesi Bassi non sono solo freddi e piovosi, ma anche belli, soleggiati e caldi. I salesiani sono stati molto gentili ed ospitali con don Biju, preoccupati di farlo sentire a proprio agio e a casa. Sicuramente il modo di vivere la fede cristiana degli olandesi è molto differente dall’India e l’impatto può essere scioccante: grandi chiese con poche persone, per lo più anziani, canti e musiche diverse, uno stile più dimesso. Oltre a ciò, ci racconta don Biju, “mi è mancato molto il cibo, la famiglia, gli amici… soprattutto la vicinanza dei giovani salesiani della mia stessa età intorno a me.” Ma con il tempo migliora la comprensione della situazione le differenze iniziano ad avere un senso e una logicità.
Per essere un missionario salesiano efficace in Europa, lavorare in una società secolarizzata richiede spesso adattabilità, sensibilità culturale e una comprensione graduale del contesto locale, che non può essere ottenuta da un giorno all’altro. Questo lavoro richiede pazienza, preghiera, studio e riflessione che aiutano a scoprire la fede alla luce di una nuova cultura. Questa apertura permette ai missionari di dialogare con sensibilità e rispetto con la nuova cultura, riconoscendo la diversità e la pluralità dei valori e delle prospettive religiose.
I missionari devono sviluppare nel posto in cui si trovano una fede e una spiritualità personale profondamente radicate, come uomini di preghiera, di fronte al calo dei tassi di affiliazione religiosa, al minore interesse o apertura alle questioni spirituali e all’assenza di nuove vocazioni alla vita religiosa/salesiana.
È forte il rischio di perdersi in una società secolarizzata dove il materialismo e l’individualismo sono prevalenti e ci può essere meno interesse o apertura verso le questioni spirituali. Se non si sta attenti, un giovane missionario può facilmente cadere nello scetticismo e nell’indifferenza religiosa e spirituale. In tutti questi momenti, è importante avere un direttore spirituale che possa guidare al giusto discernimento.
Come don Biju, ci sono circa 150 salesiani che sono stati inviati in tutta Europa dall’inizio del nuovo millennio, in questo continente da ricristianizzare, dove la fede cattolica ha bisogno di essere rinvigorita e sostenuta. I missionari sono un dono per la comunità locale, sia salesiana sia a livello di Chiesa e di società. La ricchezza della diversità culturale è un dono reciproco per chi accoglie e per chi è accolto ed aiuta ad aprire gli orizzonti mostrando un volto della Chiesa più “cattolico”, ovvero universale. I missionari salesiani, inoltre, portano una boccata di freschezza in alcune Ispettorie che hanno difficoltà a fare un ricambio generazionale, dove i giovani sono sempre meno interessati alle vocazioni alla vita consacrata.
Nonostante la tendenza alla secolarizzazione, ci sono segni di una rinascita dell’interesse spirituale nei Paesi Bassi, in particolare tra le generazioni più giovani. Negli ultimi anni si può notare un’apertura alla religiosità e un calo dei sentimenti antireligiosi. Questo si manifesta in varie forme, tra cui le forme alternative di essere chiesa, l’esplorazione di pratiche spirituali alternative, la mindfulness e la rivalutazione delle credenze religiose tradizionali. C’è sempre più bisogno di assistere i giovani, poiché un gruppo importante di giovani soffre di solitudine e depressione, nonostante il benessere generale della società. Come salesiani, dobbiamo leggere i segni dei tempi per stare vicino ai giovani e aiutarli.
Si vedono segni di speranza per la Chiesa, portati dai cristiani migranti che arrivano in Europa e dai cambiamenti demografici, culturali e di vita di molte comunità locali. Nella comunità salesiana di Hassel spesso si riuniscono giovani cristiani immigrati dal Medio Oriente che portano la loro fede vivace, le loro opportunità e contribuiscono positivamente alla nostra comunità salesiana.
“Tutto questo mi dà un’ottima sensazione e mi fa capire quanto sia bello poter lavorare qui, in quello che per me è inizialmente un Paese straniero.”
Preghiamo che l’ardore missionario possa rimanere sempre acceso e che non manchino missionari disposti ad ascoltare la chiamata di Dio per portare il suo Vangelo in tutti i continenti attraverso la semplice e sincera testimonianza di vita.
di Marco Fulgaro
Missionari nei Paesi Bassi
🕙: 5 min.