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(continuazione dall’articolo precedente)

6. A casa tutto bene

Cari giovani,
«penso che, nel mondo, non vi siano anime che amino più cordialmente, più teneramente e, per dir tutto molto alla buona, più amorosamente di me, perché a Dio è piaciuto fare così il mio cuore». Si tramanda nella mia famiglia che la prima frase apparsa sulla mia bocca di fanciullo sia stata: «Mia mamma e Dio mi vogliono tanto bene».
Fin da piccolo sono stato in mezzo alla gente. Mio papà aveva deciso che io sarei stato educato non nel nostro castello, ma in una scuola più regolare, confrontandomi con altri compagni e docenti, allontanandomi insomma da quella specie di “bolla di amore” che si era creata al castello.
Tornato dagli studi a Parigi e a Padova, io ero ben convinto della mia scelta di diventare sacerdote, ma mio papà non era proprio di quel parere: aveva preparato, a mia insaputa, una biblioteca completa riguardante il Diritto, una carica di Senatore e una nobile fidanzata. Non fu facile piegarlo verso un’altra strada. Con pacatezza presentai a papà le mie intenzioni: «Padre mio, vi servirò fino all’ultimo soffio di vita, prometto tutto il servizio ai miei fratelli. Mi parlate di riflettere, Padre mio. Vi posso dire che l’idea del sacerdozio l’ho avuta fin da quando ero bambino». Il babbo, nonostante fosse «di uno spirito molto fermo», pianse. La mamma intervenne delicatamente. Ci fu silenzio. La realtà nuova, sotto la parola silenziosa di Dio, fermentava. Mio padre disse: «Figlio mio, fate in Dio e per Dio quello che Egli vi ispirerà. Da parte sua, vi do la mia benedizione». Poi non resse più: bruscamente si chiuse nel suo studio.
Alla fine della vita di mio papà, mi è stata donata la grazia di scorgere in sintesi tutto l’amore che me lo rendeva particolarmente caro: nella schiettezza, nella capacità di caricarsi di impegni importanti, nell’assumersi fino in fondo la responsabilità di guidarmi, nella costante fiducia che ha dimostrato nei miei confronti ho sempre scorto la bontà di un uomo nobile, abituato anche alla vita rude ma con un cuore grande. Inoltre, con il passare del tempo, il suo temperamento vivo si è addolcito, egli ha imparato addirittura a lasciarsi contraddire: la buona lunga influenza di mia mamma è stata decisiva.
Papà e mamma mi hanno mostrato realmente due differenti, ma complementari, volti della grazia e della bontà di Dio stesso.
Forse anche voi, come me, vi sarete interrogati su come vivere la fatica di sperimentare che la vocazione che state scoprendo è diversa da quanto gli altri si aspetterebbero da voi. Io ho proposto, tanto agli uomini più semplici della mia terra quanto al re e alla regina di Francia, una via molto semplice ma fortemente esigente: da una parte «nulla ti turbi» e «nulla chiedere e nulla rifiutare»; dall’altra parte che l’esistenza, con le scelte che porta con sé, trova senso nell’essere affrontata, anche con fatica, esclusivamente per vivere «come piace a Dio». Solo da qui nasce la «perfetta letizia», che probabilmente accomuna tutti i veri santi, uomini e donne di Dio di ieri e oggi.


Ufficio Animazione Vocazionale

(continua)