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Celebriamo ogni anno la Santa Famiglia di Nazaret nell’ultima domenica dell’anno. Ma ci dimentichiamo spesso che celebriamo con fasto gli eventi più poveri e delicati di questa Famiglia. Obbligati a dar alla luce in una grotta, perseguitati subito, dovendo emigrare tra tanti pericoli in un paese straniero per sopravvivere, e questo con un neonato e senza sostanze. Ma tutto fu evento di grazia, permesso da Dio Padre, e annunciato nelle Scritture.
Leggiamo il bel racconto che don Bosco stesso faceva ai suoi ragazzi del suo tempo.


Il tristo annunzio. – La strage degli innocenti. – La sacra famiglia parte per l’Egitto.
L’angelo del Signore disse a Giuseppe: Levati, prendi il bambino e sua madre e fuggi in Egitto e fermati colà fintantoché io t’avvisi. Matth. II, 13.
Si è sentito nell’alto voce di querela, di lutto e di gemito di Rachele che piange i suoi figli; e riguardo ad essi non ammette consolazione perché ei più non sono. Gerem. c. XXXI, v. 15.

            La tranquillità della santa famiglia [dopo la nascita di Gesù] non doveva essere di lunga durata. Appena Giuseppe era rientrato nella povera casa ai Nazareth, un angelo del Signore gli apparve in sogno e gli disse: “Alzati, togli teco il fanciullo e sua madre e fuggi in Egitto, e rimani colà finché io non ti dica di ritornare. Imperciocché Erode cercherà il fanciullo per farlo morire.”
            E ciò non era che troppo vero. Il crudele Erode ingannato dai Magi e furioso di vedersi sfuggire una si bella occasione, per disfarsi di colui che egli considerava come un competitore al trono, aveva concepito l’infernale disegno di far massacrare tutti i bambini maschi di età inferiore a due anni. Quest’ ordine abbominevole fu eseguito.
            Un largo fiume di sangue scorse la Galilea. Allora si avverò quello che aveva predetto Geremia: “Una voce si è fatta intendere in Rama, voce mista di lacrime e di lamenti. È Rachele che piange i suoi figli e non vuol essere consolata; imperciocché essi non sono più.” Questi poveri innocenti, si crudelmente scannati, furono i primi martiri della divinità di Gesù Cristo.
            Giuseppe aveva riconosciuto la voce dell’Angelo; né si permise alcuna riflessione sulla precipitata partenza, a cui dovevano risolversi; sulle difficoltà d’un viaggio così lungo e così pericoloso. E sì che gli doveva rincrescere di abbandonare la sua povera casa, per andare attraverso ai deserti a cercare un asilo in un paese che egli non conosceva. Senza nemmeno aspettare il domani, nel momento che l’angelo disparve egli si alzò e corse a svegliare Maria. Maria preparò frettolosamente piccola provigione di panni e di viveri che dovevano portare con sé. Giuseppe intanto preparò la giumenta, e partirono senza rammarico dalla loro città per obbedire al comando di Dio. Ecco dunque un povero vecchio, che rende vane le orribili trame del tiranno di Galilea; è a lui che Iddio affida la custodia di Gesù e di Maria.

Viaggio disastroso – Una tradizione.
Allorquando vi perseguiteranno in questa città fuggite ad un’altra. Matth. X, 23.

            Due strade si presentavano al viaggiatore, che per la via di terra volesse recarsi in Egitto. L’una attraversava deserti popolati da bestie feroci, ed i sentieri ne erano malagevoli, lunghi e poco frequentati. L’altra si dirigeva attraverso a un paese poco frequentato, ma gli abitanti della contrada erano ostilissimi agli Ebrei. Giuseppe, che aveva soprattutto a temere gli uomini in questa fuga precipitosa, scelse la prima di queste due strade siccome la più nascosta.
            Partiti da Nazareth nel più fitto della notte, i cauti viaggiatori, il cui itinerario obbligava a passare dappresso Gerusalemme, batterono per qualche tempo i sentieri più tristi e tortuosi. Quando si doveva attraversare qualche grande strada, Giuseppe lasciando al riparo d’una roccia Gesù e sua Madre, andava in perlustrazione pel cammino, per accertarsi se l’uscita non ne fosse guardata dai soldati di Erode. Rassicurato da questa precauzione, ritornava a prendere il suo prezioso tesoro, e la santa famiglia continuava il suo viaggio, tra i burroni ed i colli. Di tratto in tratto si faceva una breve sosta sull’orlo d’un limpido ruscello, e dopo una frugale refezione si prendeva un po’ di riposo dalle fatiche del viaggio. Giunta la sera, era mestieri rassegnarsi a dormire a cielo scoperto. Giuseppe spogliandosi del suo mantello, ne copriva Gesù e Maria per preservarli dall’umidità della notte. Poi il domani sul far del giorno si ricominciava il faticoso viaggio. I santi viaggiatori, avendo oltrepassata la piccola città di Anata, si diressero dalla parte di Ramla per discendere nelle pianure della Siria, dove essi dovevano ormai esser liberi dalle insidie dei loro feroci persecutori. Contro alla loro abitudine avevano continuato a camminare malgrado fosse di già fatta la notte per essere più presto in salvo. Giuseppe andava quasi tastando il terreno avanti agli altri. Maria tutta tremante per questa corsa notturna figgeva i suoi sguardi irrequieti nella profondità dei valloni, e nelle sinuosità delle rocce. D’un tratto in uno svolto, una frotta d’uomini armati si presentò ad intercettare loro il cammino. Era una banda di scellerati, i quali devastavano la contrada, la cui fama spaventevole si estendeva molto lontano. Giuseppe aveva arrestato la cavalcatura di Maria, e pregava il Signore in silenzio; imperciocché era impossibile qualunque resistenza. Tutto al più si poteva sperare di ottener salva la vita. Il capo dei briganti si staccò da’ suoi compagni e si avanzò verso Giuseppe per osservare con chi avesse egli da trattare. La vista di questo vecchio senza armi, di questo bambinello che dormiva sopra il seno di sua madre, toccò il cuore sanguinario del bandito. Ben lungi dal voler far loro alcun male, stese la mano a Giuseppe, offrendo ospitalità a lui ed alla sua famiglia. Questo capo si chiamava Disma. La tradizione ci dice, che trent’ anni dopo egli fu preso dai soldati, e condannato ad essere crocifisso. Fu messo in croce sul Calvario al fianco di Gesù, ed è lo stesso che noi conosciamo sotto il nome del buon ladrone.

Arrivo in Egitto – Prodigi avvenuti al loro ingresso in questa terra – Villaggio di Matarie – Abitazione della sacra Famiglia.
Ecco che il Signore salirà sopra una nuvola leggera ed entrerà in Egitto e alla presenza di lui si conturberanno i simulacri d’ Egitto. Is. XIX, 1.

            Comparso appena il giorno, i fuggitivi, ringraziando i briganti diventati ospiti, ripresero il loro cammino pieno di pericoli. Si dice che Maria sul partire abbia detto queste parole al capo di quei banditi: “Ciò che tu hai fatto per questo bambino, ti sarà un giorno largamente ricompensato.” Dopo di avere attraversato Betlemme e Gaza, Giuseppe e Maria discesero nella Siria e avendo incontrato una carovana che partiva per l’Egitto si unirono ad essa. Da questo istante sino al termine del loro viaggio non videro più davanti a sé, che un immenso deserto di sabbia, la cui aridità non era interrotta che a ben rari intervalli da qualche oasi, ossia da alcuni tratti di terreno fertile e verdeggiante. Le loro fatiche si raddoppiarono durante questa corsa attraverso a queste pianure infuocate da ardente sole. I viveri erano poco abbondanti, e l’acqua ben sovente mancava. Quante notti Giuseppe, che era vecchio e povero, si vide risospinto, quando tentava di avvicinarsi alla fonte, cui la carovana si era arrestata per dissetarsi!
            Finalmente dopo due mesi di penosissimo cammino i viaggiatori entrarono in Egitto. Al dire di Sozomeno, dal momento che la santa Famiglia ebbe toccato questa terra antica, gli alberi abbassarono i loro rami per adorare il Figlio di Dio; le bestie feroci vi accorsero dimenticando il loro istinto; e gli uccelli cantarono in coro le lodi del Messia. Anzi se crediamo a quanto ci narrano autori degni di fede, tutti gli idoli della provincia, riconoscendo il vincitore del Paganesimo, caddero frantumati in mille pezzi. Così ebbero letterale compimento le parole del profeta Isaia quando disse; “Ecco che il Signore salirà sopra una nuvola leggerà ed entrerà in Egitto, e alla presenza di lui si conturberanno i simulacri d’Egitto.”
            Giuseppe e Maria, desiderosi d’arrivar presto al termine del loro viaggio, non fecero che attraversare Eliopoli, consacrata al culto del sole, per recarsi a Matari dove intendevano di riposarsi delle loro fatiche.
            Matari è un bel villaggio ombreggiato da sicomori, a due leghe circa dal Cairo, capitale dell’Egitto. Colà Giuseppe aveva intenzione di stabilire dimora. Ma non era ancora questo il termine delle sue pene. Gli era mestieri di cercarsi un alloggio. Gli Egiziani non erano per nulla ospitali; così la santa famiglia fu costretta a ripararsi per alcuni giorni nel tronco d’un antico e grosso albero. Alfine dopo lunghe ricerche Giuseppe trovò una modesta cameraccia, in cui collocò alla meglio Gesù e Maria.
            Questa casa, che si fa vedere ancora in Egitto, era una specie di grotta, di venti piedi di lunghezza sopra quindici di larghezza. Non vi erano nemmeno finestre; la luce vi doveva penetrare per la porta. Le mura erano d’una specie d’argilla nera e schifosa, la cui vecchiezza portava l’impronta della miseria. A destra era una piccola cisterna, dalla quale Giuseppe attingeva l’acqua pel servizio della famiglia.

Dolori. – Consolazione e termine dell’esilio.
Con lui son io nella tribolazione. Psal. XC. 15.

            Entrato appena in questa nuova abitazione ripigliò Giuseppe il suo lavoro ordinario. Cominciò a mobiliare la sua casa; un tavolino, qualche sedia, una panca, tutto quanto opera delle sue mani. Poscia andò di porta in porta in cerca di lavoro per guadagnar il sostentamento alla piccola famiglia. Egli senza dubbio ebbe a provare ben molti rifiuti, e a tollerare ben molti umilianti disprezzi! Egli era povero, e sconosciuto; e ciò bastava perché venisse rifiutata l’opera sua. A sua volta Maria, mentre aveva mille cure pel Figlio, si diede coraggiosamente al lavoro, occupando in esso una parte della notte per supplire ai guadagni piccoli ed insufficienti del suo sposo. Tuttavia in mezzo alle sue pene quante consolazioni per Giuseppe! Era per Gesù che lavorava, e il pane che il divino fanciullo mangiava era egli che l’aveva acquistato col sudore della sua fronte. E poi quando rientrava in sulla sera affaticato e oppresso dal caldo, Gesù sorrideva al suo arrivo, e lo accarezzava colle sue piccole mani. Ben sovente col prezzo di privazioni, che s’imponeva, Giuseppe riusciva ad ottenere qualche risparmio qual gioia provava allora nel poterlo impiegare nell’ addolcire la condizione del divino fanciullo! Ora erano alcuni datteri, ora alcuni giocattoli adatti alla sua età, che il pio falegname recava al Salvatore degli uomini. Oh quanto erano dolci allora le emozioni del buon vecchio nel contemplare il viso raggiante di Gesù! Quando arrivava il Sabato, giorno di riposo e consacrato al Signore, Giuseppe prendendo per le mani il fanciullo, ne guidava i primi passi con una sollecitudine veramente paterna.
            Frattanto il tiranno che regnava sopra Israele moriva. Iddio, il cui braccio onnipossente punisce sempre il colpevole, gli aveva mandato una malattia crudele, che lo condusse rapidamente al sepolcro. Tradito dal suo proprio figlio, roso vivo dai vermi, Erode era morto, portando con se l’odio de’ Giudei, e la maledizione de’ posteri.

Il nuovo annunzio. – Ritorno in Giudea. – Una tradizione riferita da s. Bonaventura.
Dall’Egitto richiamai il mio figliuolo. Oseae XI, 1.

            Da sette anni stava Giuseppe in Egitto, quando l’Angelo del Signore, messaggero ordinario dei voleri del Cielo gli apparve di nuovo durante il sonno e gli disse: “Alzati, togli teco il fanciullo e sua madre, e ritorna al paese d’Israele, imperciocché coloro che cercavano il fanciullo per farlo morire, non esistono più.” Sempre pronto alla voce di Dio, Giuseppe vendette la sua casa ed i suoi mobili, ed ordinò il tutto per la partenza. Invano gli Egiziani rapiti dalla bontà di Giuseppe e dalla dolcezza di Maria fecero le più vive istanze per ritenerlo. Invano gli promisero l’abbondanza d’ogni cosa necessaria per la vita, Giuseppe fu irremovibile. I ricordi della sua infanzia, gli amici, che egli aveva nella Giudea, la pura atmosfera della sua patria, assai più parlavano al suo cuore, che non la bellezza dell’Egitto. D’altronde Iddio aveva parlato, e null’altro abbisognava per decidere Giuseppe a far ritorno alla terra de’ suoi antenati.
            Alcuni storici sono d’opinione che la santa famiglia abbia fatto per mare una parte del viaggio, perché vi s’impiegava minor tempo, ed aveva un desiderio grandissimo di rivedere presto la sua patria. Appena sbarcati ad Ascalonia, Giuseppe intese che Archelao era succeduto nel trono a suo padre Erode. Indi per Giuseppe era una nuova sorgente di inquietudini. L’angelo non gli aveva detto in quale parte della Giudea dovesse egli stabilirsi. Doveva ciò fare a Gerusalemme, o nella Galilea, o nella Samaria? Giuseppe pieno d’ansietà pregò il Signore che gli mandasse durante la notte il suo celeste messaggero. L’angelo gli ordinò di fuggire Archelao e di ritirarsi in Galilea. Giuseppe allora più non ebbe a temere, e prese tranquillamente la strada di Nazareth, che aveva sette anni prima abbandonata.
            Non dispiaccia ai nostri devoti lettori di sentir sopra questo punto di storia il serafico dottor s. Bonaventura: “Erano in atto di partirsi: e Giuseppe andò innanzi cogli uomini, e la madre veniva da lungi colle donne (venuti queste e quelli come amici della santa famiglia ad accompagnarli un tratto). E quando furono fuor della porta, Giuseppe rattiene gli uomini e non si lascia più accompagnare. Allora alcuno di quelli buoni uomini, avendo compassione della povertà di costoro, chiamò il fanciullo e gli dettero alquanti denari per le spese. Si vergogno il Fanciullo di riceverli; ma, per amore della povertà, apparecchiò la mano e ricevé la pecunia vergognosamente e lo ringrazio. E così fecero più persone. Lo chiamarono ancora quelle onorabili matrone e fecero lo stesso; non si vergognava meno la madre che il fanciullo, ma tuttavia umilmente li ringraziò.”
            Preso dunque commiato da quella cordiale compagnia rinnovati i ringraziamenti ed i saluti, la santa famiglia rivolse i suoi passi verso la Giudea.