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La Visitatoria salesiana di Maria Ausiliatrice di rito bizantino (UKR) ha rimodellato la propria missione educativo‑pastorale dall’inizio dell’invasione russa del 2022. Tra sirene antiaeree, rifugi improvvisati e scuole nei sotterranei, i salesiani si sono fatti prossimità concreta: ospitano sfollati, distribuiscono aiuti, accompagnano spiritualmente militari e civili, trasformano una casa in centro di accoglienza e animano il campus modulare “Mariapolis”, dove ogni giorno servono mille pasti e organizzano oratorio e sport, persino la prima squadra ucraina di Calcio Amputati. La testimonianza personale di un confratello rivela ferite, speranze e preghiere di chi ha perso tutto, ma continua a credere che, dopo questa lunga Via Crucis nazionale, per l’Ucraina sorgerà la Pasqua della pace.


La pastorale della Visitatoria di Maria Ausiliatrice di rito bizantino (UKR) durante la guerra
La nostra pastorale ha dovuto modificarsi quando iniziata la guerra. Le nostre attività educativo-pastorali hanno dovuto adattarsi a una realtà completamente diversa, segnata spesso da un suono incessante delle sirene che annunciano il pericolo di attacchi missilistici e bombardamenti. Ogni volta che scatta l’allarme, siamo costretti a interrompere le attività e a scendere con i ragazzi nei rifugi sotterranei o nei bunker. In alcune scuole, le lezioni si svolgono direttamente nei sotterranei, per garantire maggiore sicurezza agli allievi.

Sin dall’inizio ci siamo messi senza indugio ad aiutare e soccorrere la popolazione sofferente. Abbiamo aperto le nostre case per accogliere gli sfollati, abbiamo organizzato la raccolta e distribuzione degli aiuti umanitari: prepariamo con i nostri ragazzi e i giovani migliaia di pacchi con i viveri e vestiario e con tutto l’occorrente per mandare alla gente bisognosa nei territori vicini ai combattimenti o nelle zone dei combattimenti. Inoltre, alcuni nostri confratelli salesiani operano come cappellani nelle zone dei combattimenti. Dove danno un sostegno spirituale ai giovani militari, ma anche portando aiuto umanitario alle persone che sono rimaste nei paesi sotto continui bombardamenti, aiutando ad alcuni di loro a trasferirsi in un luogo più sicuro. Un confratello diacono che è stato nelle trincee si ha logorato la salute e ha perso la caviglia. Quando alcuni anni fa leggevo nel Bollettino salesiano in lingua italiana un articolo dove parlava dei salesiani in trincea, nella prima o seconda guerra mondiale non pensavo che questo si sarebbe avverato in quest’epoca moderna nel mio paese.  Mi hanno colpito una volta, le parole di un giovanissimo soldato ucraino, che citando uno storico e eminente ufficiale difensore e combattente per l’indipendenza del nostro popolo diceva: “Noi lottiamo difendendo la nostra indipendenza non perché odiamo chi ci sta davanti, ma perché amiamo chi ci sta dietro di noi.”

In questo periodo abbiamo trasformato anche una nostra Casa Salesiana in un centro di accoglienza per gli sfollati.

Per sostenere la riabilitazione fisica, mentale, psicologica e sociale dei giovani che hanno perso gli arti in guerra, abbiamo creato una squadra di Calcio Amputati, la prima squadra di questo tipo in Ucraina.
Sin dall’inizio dell’invasione nel 2022, abbiamo messo a disposizione del municipio di Leopoli un nostro terreno, destinato alla costruzione di una scuola salesiana, per realizzare un campus modulare per sfollati interni: “Mariapolis” dove noi salesiani operiamo in collaborazione con il Centro del Dipartimento Sociale del Municipio. Diamo un sostegno assistenziale e un accompagnamento spirituale rendendo l’ambiente più accogliente. Sostenuti dall’aiuto della nostra Congregazione, delle varie organizzazioni tra cui VIS e Missioni Don Bosco, le varie procure e altre fondazioni di beneficienza, agenzie anche statali di altri paesi, abbiamo potuto organizzare la cucina del campus con il rispettivo personale che ci permette a offrire il pranzo ogni giorno per circa 1000 persone. Inoltre, grazie al loro aiuto possiamo organizzare varie attività nello stile salesiano per 240 ragazzi e giovani che sono presenti nel campus.

Una piccola esperienza e una povera testimonianza personale
Vorrei condividere qui la mia piccola esperienza e testimonianza…Io davvero ringrazio il Signore che, tramite il mio Ispettore, mi ha chiamato a questo servizio particolare. Da tre anni lavoro nel campus che ospita circa 1.000 sfollati interni. Fin dall’inizio, sto accanto a persone che hanno perso in un momento tutto, tranne la dignità. Le loro case sono distrutte e saccheggiate, i risparmi e i beni accumulati con fatica lungo gli anni della vita sono svaniti. Molti hanno perso molto di più e di più prezioso: i loro cari, uccisi davanti ai loro occhi da missili o mine. Alcuni delle persone che sono nel campus hanno dovuto vivere per mesi nei sotterranei di palazzi crollati, nutrendosi di quel poco che trovano, anche se scaduto. Bevevano l’acqua dei termosifoni e bollivano le bucce di patate per sfamarsi. Poi, alla prima possibilità sono scappati o evacuati senza sapere dove andare, senza certezze su cosa li aspettava. Inoltre, alcuni hanno visto i loro paesi, come Mariupol, rasi al suolo. Infatti, in onore di questa bellissima città di Maria noi salesiani abbiamo chiamato il campus per gli sfollati con il nome “Mariapolis” affidando questo luogo e gli abitanti del campus alla Vergine Maria. E Lei come la mamma sta accanto ad ogni uno in questi momenti di prova. Nel campus, ho allestito una cappella dedicata a Lei, dove c’è un’icona disegnata da una signora del campus proveniente dalla martoriata città di Kharkiv. La cappella è diventata per tutti residenti indipendentemente a che confessione di fede cristiana loro appartengono, luogo di incontro con Dio e con sé stessi.

Stare con loro, voler loro bene, accoglierli, ascoltarli, consolarli, incoraggiarli, pregare per loro e con loro e sostenerli in quello che posso, sono i momenti che fanno parte del mio servizio che ormai è diventata la mia vita in questo periodo. È una vera scuola di vita, di spiritualità, dove imparo moltissimo stando accanto alla loro sofferenza. Quasi tutti loro sperano che la guerra finisca presto e arrivi la pace, per poter tornare a casa. Ma per molti, quel sogno è ormai irrealizzabile: le loro case non esistono più. Cosi come posso cerco di offrire loro qualche appiglio di speranza, aiutandoli a incontrare Colui che non abbandona nessuno, che è vicino nelle sofferenze e nelle difficoltà della vita.

A volte mi chiedono di prepararli alla Riconciliazione: con Dio, con sé stessi, con la dura realtà che sono costretti a vivere. Altre volte, li aiuto nei bisogni più concreti: medicine, vestiti, pannoloni, visite in ospedale. Faccio anche il lavoro di amministratore insieme ai mie tre colleghi laici.  Ogni giorno, alle 17:00, preghiamo per la pace, e un piccolo gruppo ha imparato a recitare il Rosario, pregandolo quotidianamente.

Come salesiano cerco di essere attento ai bisogni dei ragazzi: sin dall’inizio io con aiuto degli animatori abbiamo creato oratorio all’interno del campus. Inoltre attività, gite, campeggi in montagna durante l’estate. Inoltre, uno degli impegni che porto avanti è seguire la mensa, per assicurare che nessuno delle persone residenti al campus rimanga senza un pasto caldo.

Tra gli abitanti del campus c’è il piccolo Maksym, che si sveglia nel cuore della notte, terrorizzato da ogni rumore forte. Maria, una madre che ha perso tutto anche il marito e ogni giorno sorride ai figli per non far pesare loro il dolore. Poi c’è Petro, 25 anni, che con la sua ragazza era in casa quando un drone russo ha lanciato una bomba. L’esplosione gli ha amputato le due gambe, mentre la sua ragazza è morta poco dopo. Petro è rimasto tutta la notte in fin di vita, finché i soldati lo hanno trovato al mattino e lo hanno portato in salvo. L’ambulanza non poteva avvicinarsi a causa dei combattimenti.
In mezzo a tanta sofferenza, continuo il mio apostolato con l’aiuto del Signore e il sostegno dei miei confratelli.

Noi salesiani di rito bizantino, insieme ai nostri 13 confratelli di rito latino presenti in Ucraina – in gran parte di origine polacca e appartenenti all’Ispettoria salesiana di Cracovia (PLS) – condividiamo profondamente il dolore e le sofferenze del popolo ucraino. Come figli di Don Bosco, continuiamo con fede e speranza la nostra missione educativo-pastorale, adattandoci ogni giorno alle difficili condizioni imposte dalla guerra.

Siamo accanto ai giovani, alle famiglie, e a tutti coloro che soffrono e hanno bisogno di aiuto. Desideriamo essere segni visibili dell’amore di Dio, affinché la vita, la speranza e la gioia dei giovani non siano mai soffocate dalla violenza e dal dolore.

In questa testimonianza comune, riaffermiamo la vitalità del nostro carisma salesiano, che sa rispondere anche alle sfide più drammatiche della storia. Le nostre due peculiarità, quella di rito bizantino e quella di rito latino, rendono visibile quell’unità inscindibile del Carisma Salesiano quanto affermano le Costituzioni Salesiane all’art. 100: “Il carisma del Fondatore è principio di unità della Congregazione e, per la sua fecondità, è all’origine dei modi diversi di vivere l’unica vocazione salesiana.

Crediamo che il dolore, la sofferenza non hanno l’ultima parola: e che nella fede, ogni Croce contiene già il seme della Risurrezione. Dopo questa lunga Settimana Santa, giungerà inevitabilmente la Risurrezione per Ucraina: verrà la vera e giusta PACE.

Alcune informazioni
Alcuni confratelli capitolari chiedevano delle informazioni sulla guerra in Ucraina. Permettetemi di dire qualche cosa in modo di un Flash. Una precisazione cha guerra in Ucraina non può essere interpretata come un conflitto etnico o una disputa territoriale tra due popoli con rivendicazioni contrapposte o diritti su un determinato territorio. Non si tratta di una lite tra due parti in lotta per un pezzo di terra. E dunque non è una battaglia tra pari. Quella in Ucraina è un’invasione, un’aggressione unilaterale. Qui si tratta di un popolo che ha aggradito impropriamente un all’altro. Una nazione, che fabbricò delle motivazioni infondate, inventandosi un presunto diritto, violando l’ordine e le leggi internazionali, decise di attaccare un altro Stato, violandone la sovranità e l’integrità territoriale, il diritto di decidere la propria sorte e direzione del proprio sviluppo, occupandone e annettendone dei territori. Distruggendo città e paesi, molti dei quali rasi al suolo, togliendo la vita a migliaia di civili. Qui c’è un aggressore e un aggredito: è proprio questa la peculiarità e l’orrore di questa guerra.
Ed è partendo da questo presupposto che dovrebbe essere concepita anche la pace che attendiamo. Una pace che ha il sapore della giustizia e essere basata sulla verità, non temporanea, non opportunistica, non una pace fondata sulle convenienze nascoste e commerciali, evitando di creare precedenti per regimi autocratici nel mondo che potrebbero un giorno decidere ad invadere altri Paesi, occupare o annettere una parte di un paese vicino o lontano, semplicemente perché lo desiderano o perché li piace così, o perché sono più potenti.
Un’altra assurdità di questa guerra non provocata e non dichiarata che l’aggressore vieta alla vittima il diritto di difendersi, cerca intimidire e minacciare tutti quelli in questo caso altri paesi che si schierano dalla parte di chi è indifeso e si mettono ad aiutare a difendersi e a resistere la vittima aggredita ingiustamente.

Alcune tristi statistiche
Dall’inizio dell’invasione del 2022 fino ad oggi (08.04.2025), l’ONU ha registrato e confermato i dati relativi a 12.654 morti e 29.392 feriti tra I CIVILI in Ucraina.

Secondo le ultime notizie disponibili verificate dell’UNICEF almeno 2.406 BAMBINI sono stati uccisi o feriti dall’escalation della guerra in Ucraina dal 2022. Le vittime infantili comprendono 659 BAMBINI UCCISI e 1.747 FERITI – ovvero almeno 16 bambini uccisi o feriti ogni settimana. Milioni di bambini continuano ad avere vite sconvolte a causa degli attacchi in corso o nel dover scappare ed evacuarsi in altri posti e paesi. I bambini del Donbas soffrono dalla guerra già da 11 anni.
La Russia ha avviato insieme al piano di un’invasione dell’Ucraina anche un programma di deportazioni forzate dei bambini ucraini. Ultimi dati dicono 20 000 bambini prelevati dalle case, detenuti per mesi e sottoposti a una forzata russificazione attraverso un’intensa propaganda prima dell’adozione forzata.

don Andrii Platosh, sdb