(suite de l’article précédent)
2. Alcuni tratti delle virtù teologali in don Rua
2.1. Don Rua uomo di fede
L’amore per Dio era radicato nella scelta fondamentale per Lui: «…viveva in una continua unione con Dio… All’unione strettissima con Dio faceva riscontro il completo distacco dalle cose del mondo e la noncuranza di tutto ciò che non servisse a glorificare Iddio ed a salvare anime… Mi pare di poter asserire che l’unione con Dio era così consumata in lui che non aveva che questo pensiero generoso, ardente, continuo; amare e fare amare Iddio, Dio sempre, Dio in ogni cosa, non riposo in questo, non mai diversivo, sempre questa sublime uniformità. Dio! Nient’altro che Dio». Tale amore per Dio era la motivazione profonda di ogni sua azione e si concretizzava nel fare la volontà di Dio esattamente, prontamente, con gioia e perseveranza. L’amore di Dio era la motivazione del suo molteplice operare e agire e sosteneva il grande impegno nella promozione e nella coltivazione delle vocazioni sacerdotali e religiose.
La sorgente che alimentava tale unione era la preghiera: «Don Rua trovava il suo riposo nella preghiera» (don Francesia). «Don Rua nella preghiera, nel contatto con Dio, col riposo ritrovava le forze rinnovate per attuare giorno per giorno quello che era il programma del padre fatto proprio al cento per cento dal figlio fedelissimo: io cerco anime e solo anime». Tale sorgente si alimentava nell’Eucaristia e nell’amore filiale alla Vergine Ausiliatrice. La vita di fede si esprimeva nell’intima unione tra preghiera e azione, alimentate dalla pratica e dallo spirito dell’orazione mentale, che per lui era «l’elemento essenziale della vita del buon religioso», a tal punto che nemmeno durante una scossa di terremoto mentre tutti fuggivano «egli solo non si era mosso ed era rimasto là al suo posto solito, nel suo atteggiamento consueto». Con la meditazione della Parola, era l’Eucaristia il fuoco animatore. L’Eucaristia, celebrata, adorata, visitata e custodita nel proprio cuore: «Formiamoci un tabernacolo nel nostro cuore, andava ripetendo, e teniamoci sempre uniti al SS.mo Sacramento». Verso l’Eucaristia esprimeva una fede e una pietà intense, nutrite da una serie di raccomandazioni e indicazioni: visite, adorazioni, genuflessioni, raccoglimento.
Don Rua come uomo di Dio e di fede si distingue per una testimonianza che era resa credibile non tanto dall’eloquenza, ma dall’intima convinzione che traspariva dalle parole e soprattutto dalla vita. Essa si alimentava alla conoscenza delle Scritture e a una grande famigliarità con i Padri della Chiesa: fonti a cui si rifaceva nei testi originali greci e latini. Tale formazione si manifestò fin da adolescente nell’impegno d’insegnamento del catechismo e dell’istruzione cristiana non solo nelle forme ordinarie, ma anche nelle missioni e negli esercizi spirituali, ritenendoli elementi costitutivi della missione salesiana a cui tutti i suoi membri erano tenuti, come testimoniò don Amadei: «Ho trovato nelle sue lettere dichiarazioni esplicite che tutti i preti, chierici, e coadiutori salesiani prestino con buona voglia l’opera loro nel catechizzare perché, ripeteva, se trascurassero i catechismi mancherebbero alla loro vocazione». L’opera dei catechismi era il vero scopo dell’istituzione e della propagazione salesiana degli oratori, evitando il rischio di ridurli a semplici ricreatori o centri sportivi. Tale impegno di propagazione della fede animò il grande fronte dell’azione missionaria, altro elemento costitutivo del carisma salesiano, che sostenne con intenso ardore apostolico e con notevole impiego di persone e di risorse. È grande strumento di diffusione dello spirito salesiano e di sostegno alle opere salesiane, soprattutto in terra di missione, fu la diffusione del Bollettino Salesiano.
2.2. Uomo di speranza
La virtù della speranza teneva viva la meta ultima, il paradiso, e insieme sosteneva l’impegno diuturno nell’operare il bene e combattere il male, come spesso ripeteva anche ai giovani: «“State buoni, abbiate fiducia in Dio e il paradiso sarà vostro”». Voleva che si meritasse questo premio, specialmente con la fuga della colpa e col fare ogni momento la santa volontà di Dio». Tale speranza si traduceva quotidianamente in una incondizionata fiducia nella divina Provvidenza come attestò il terzo successore di Don Bosco, il beato Filippo Rinaldi: «Figlio, seguace del venerabile Don Bosco, il servo di Dio viveva alla giornata, non capitalizzava, essendo principio del fondatore di fidare sempre nella Provvidenza, anche nelle cose materiali». E don Barberis affermò: «Nelle conversazioni, negli ammonimenti, nelle lettere che scriveva, l’esortazione più insistente era la fiducia nella divina Provvidenza. Una volta mi ricordo che ci disse: “Al Signore non costa fatica a farci avere i mezzi necessari; è così buono che quando ne vedrà il bisogno, lo farà”». Anche in frangenti molto grandi conservò sempre un’imperturbabilità e tranquillità che contagiavano anche gli altri.
2.3. Uomo di carità
L’amore per Dio si manifestava nell’amore per il prossimo: «Parlava con gli umili come coi grandi, coi poveri come coi ricchi, cercando sempre di fare del bene. Pareva anzi, che quanto più una persona era umile egli la trattasse con maggior affabilità e ne cercasse il bene». Tale aspetto andò crescendo in modo speciale dopo la morte di Don Bosco, ritenendolo un’eredità che aveva ricevuto da Don Bosco e voleva trasmettere alla future generazioni:
«La grande carità che informava il cuore del nostro diletto Don Bosco di santa memoria avviò con l’esempio e con la parola la scintilla di amore che Dio benedetto aveva posto nel mio, ed io crebbi elettrizzato dall’amor suo, per cui, se succedendogli non potei ereditare le grandi virtù del nostro santo fondatore, l’amor suo per i suoi figli spirituali sento che il Signore me lo concesse. Tutti i giorni, tutti i momenti del giorno io li consacro a voi… perciò prego per voi, penso a voi, agisco per voi come una madre per l’unigenito suo». Testo di grande valore che rivela come l’eredità spirituale ricevuta sia frutto di una profonda comunione d’anima, che fa scoccare quella scintilla vitale che sprigiona un fuoco di vera carità. Don Rua è consapevole della differenza di doni che intercorrono tra lui e Don Bosco, ma con verità afferma che il nucleo dello spirito è stato trasmesso: una carità comunicata vitalmente e con la parola che spinge ad una vita offerta e consacrata per le persone con tratti di amore materno.
L’amore per il prossimo si concretizzò in un amore ordinato, liberale e generoso, con una predilezione speciale per i giovani più poveri e a rischio spirituale, morale, materiale e con preferenza per le aree geografiche più povere e indigenti come l’Italia meridionale. La carità si esercitava con grande dedizione nel ministero della riconciliazione, fino all’esaurimento delle forze, soprattutto in occasione di esercizi spirituali, perché diceva: «Queste sono le mie vendemmie». Similmente si dedicava al ministero del consiglio e della consolazione. Tutti erano destinatari del suo amore, anche i nemici e i detrattori. La sollecitudine per il prossimo era ispirata ad una grande bontà e mansuetudine, tipica della tradizione salesiana e mirata a tutelare la buona fama delle persone e a neutralizzare le espressioni disgreganti della maldicenza e del giudizio: «Coi bei modi, senza offendere, cercava di soffocare fin dall’inizio il discorso appena s’accorgeva che era male indirizzato. Quando poi sorprendeva qualche critica diretta a persona conosciuta, non mancava mai, quasi a distruggere l’effetto della critica stessa, rilevare le buone qualità, le opere, i meriti della persona oggetto della critica».
Un amore sollecito e personalizzato era per ogni confratello della Congregazione, con il cuore di un padre premuroso e con lo sguardo da vero episcopo del suo gregge: «Conosceva a uno a uno i confratelli delle singole case anche più lontane, e si interessava dei bisogni e del maggior profitto di ciascuno, come fosse sotto il suo sguardo nell’Oratorio». Un esempio concreto era la spedizione della biancheria di ricambio per i confratelli impegnati nel servizio militare. Tale paternità amabile eccelleva nell’esercizio della carità spirituale: «Lo trovai sempre pronto ad ascoltarmi; con sorriso s’interessava di quanto mi stava a cuore, e mi sapeva consigliare e guidare in modo che l’animo mio ne restava del tutto tranquillo». L’esempio di una vita vissuta nella carità lo portava a scrivere a confratelli tra loro in discordia: «Amatevi tutti come fratelli, e pregate pure il Sacro Cuore di Gesù ad accendere in tutti voi quel sacro fuoco che è venuto a portare sulla terra, il fuoco della carità».
Tale amore aveva una forma di predilezione per i giovani: «Si interessava della salute e dei bisogni di ciascuno… Don Rua era per ciascuno di noi il buon padre, che viveva per noi, in modo che anche i più umili e i più meschini potevano ricorrere liberamente a Lui». Un amore che non conosceva confini: missionari, emigranti, persone bisognose, operai, membri della Famiglia Salesiana, giovani lavoratori, distinguendosi per l’interesse fattivo in merito a vertenze lavorative: «venivano da lui operai disoccupati, ed egli li raccomandava secondo il bisogno ai vari industriali». Ogni giorno dopo aver ascoltato tante persone al confessionale, passava molte ore ad accogliere numerose persone: «Io osservavo tutti i giorni molte persone che io stesso introducevo all’udienza del servo di Dio, le quali venivano a chiedere aiuti materiali, morali, raccomandazioni ecc. Il servo di Dio aveva per tutti trattamento affabile, si interessava dei loro casi, e tutti soccorreva per quanto gli era possibile». Davvero come giurò don Saluzzo: «Era il cuore aperto a tutto il bene».