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“La famiglia di chi ruba a Dio non giunge alla quarta generazione”.


            È morto pochi giorni fa il pretendente al trono d’Italia, Vittorio Emanuele di Savoia (n. 12.02.1937 – † 03.02.2024), il quinto discendente del primo Re d’Italia, Vittorio Emanuele II di Savoia. È stata concessa la sepoltura nella cripta della Basilica di Superga, Torino, dove si trovano altre decine di resti mortali della Casa di Savoia. Questo evento ci fa ricordare altri sogni di don Bosco che si sono avverati pienamente.

            Nel novembre 1854, si stava preparando una legge sulla confisca dei beni ecclesiastici e sulla soppressione dei conventi. Per la validità, doveva essere sancita dal Re d’Italia, Vittorio Emanuele II di Savoia. Alla fine di questo mese di novembre, don Bosco ebbe due sogni che erano delle vere profezie riguardanti il re e la sua famiglia. Ricordiamo con don Lemoyne i fatti.

            Don Bosco adunque anelava a dissipare una minacciosa nube che andava sempre più oscurandosi sulla Real Casa.
            Egli in una notte verso il fine del mese di novembre, aveva fatto un sogno. Gli era parso di trovarsi ove è il portico centrale dell’Oratorio, costrutto allora solo per metà, presso alla pompa idraulica fissa al muro della casetta Pinardi. Era circondato da preti e da chierici: ad un tratto vide avanzarsi in mezzo al cortile un valletto di Corte, col suo rosso uniforme, il quale, con passo affrettato venuto alla sua presenza, gli parve che gridasse:
            – Grande notizia!
             – E quale? gli chiese D. Bosco.
             – Annunzia: gran funerale in Corte! gran funerale in Corte!
            Don Bosco a questa improvvisa comparsa, a questo grido, restò come di sasso, e il valletto ripetè: – Gran funerale in Corte! – Don Bosco allora voleva domandargli spiegazione di questo suo ferale annunzio, ma quegli erasi dileguato. D. Bosco, risvegliatosi, era come fuori di sè e, inteso il mistero di quell’apparizione, prese la penna e preparò subito una lettera per Vittorio Emanuele, palesando quanto gli era stato annunziato, e raccontando semplicemente il sogno.
[…]
…era di conoscere ciò che Don Bosco aveva scritto al Re, tanto più che sapevano cosa egli pensasse intorno all’usurpazione dei beni ecclesiastici. Don Bosco non li tenne in indugio e loro palesò quanto aveva scritto pel Re, perché non permettesse la presentazione dell’infausta legge. Quindi narrò il sogno, concludendo: Questo sogno mi ha fatto star male e mi ha affaticato, molto. – Egli era sopra pensiero ed esclamava a quando, a quando: – Chi sa?… chi sa?… preghiamo!
            Sorpresi i chierici presero allora a discorrere, interrogandosi a vicenda se avessero sentito a dire che nel palazzo reale vi fosse qualche nobile signore infermo; ma tutti conchiusero, non constare in nessun modo questo. Don Bosco intanto, chiamato presso di sè il Ch. Angelo Savio, gli consegnò la lettera: – Copia, gli disse, ed annunzia al Re: Grande funerale in Corte! – E il Ch. Savio scrisse. Ma il Re, come Don Bosco venne a sapere dai suoi confidenti impiegati a palazzo, lesse con indifferenza quel foglio e non ne tenne conto.
            Erano passati cinque giorni da questo sogno, e Don Bosco, dormendo, nella notte, sognò di bel nuovo. Gli pareva di essere in sua camera a tavolino, scrivendo; quando udì lo scalpitare di un cavallo in cortile. Ad un tratto vede spalancarsi la porta ed apparire il valletto nella sua rossa livrea, che entrato fino a metà della camera gridò:
            Annunzia: non grande funerale in Corte, ma grandi funerali in Corte! -E ripetè queste parole due volte. Quindi ritirossi con passo rapido e chiuse la porta dietro di sè. Don Bosco voleva sapere, voleva interrogarlo, voleva chiedergli, spiegazione; quindi si alzò da, tavolino, corse sul balcone e vide il: valletto nel cortile che saliva a cavallo. Lo, chiamò, chiese perchè fosse venuto a ripetergli quell’annunzio; ma il valletto gridando: – Grandi funerali in Corte! – si dileguò. Venuta l’alba, Don Bosco stesso indirizzò al Re un’altra lettera, nella quale raccontavagli il secondo sogno e concludeva dicendo a sua Maestà “che pensasse a regolarsi in modo da schivare i minacciati castighi, mentre la pregava di impedire a qualunque costo quella legge”.
Alla sera dopo cena Don Bosco esclamò in mezzo a’ suoi chierici: – Sapete che ho da dirvi una cosa ancor più strana, che quella dell’altro giorno? – E raccontò ciò che aveva visto nella notte. Allora i chierici, più stupiti di prima, si domandavano che cosa indicassero questi annunzi di morte; e si può immaginare quale fosse la loro ansietà nell’attendere come si sarebbero verificate queste predizioni.
            Al chierico Cagliero e ad alcuni altri svelava intanto apertamente essere, quelle, minacce di castighi che il Signore faceva sentire a chi più danni e mali già aveva arrecati alla Chiesa ed altri stava preparandone. In quei giorni egli era addoloratissimo e ripeteva frequentemente: – Questa legge attirerà sulla casa del Sovrano gravi disgrazie. – Tali cose diceva a’ suoi alunni per impegnarli a pregare per il Re, e per intercedere dalla misericordia del Signore che impedisse la dispersione eli tanti religiosi e la perdita di tante vocazioni.
            Intanto il Re aveva confidate quelle lettere al Marchese Fassati, che avendole lette, venne all’Oratorio e diceva a D. Bosco: – Oh! le pare la maniera questa di mettere sossopra tutta la Corte? Il Re ne è rimasto più che impressionato e turbato!… Anzi montò sulle furie.
            E Don Bosco gli rispose – Ma se ciò che fu scritto è verità? Mi rincresce di aver cagionato questi disturbi al mio Sovrano; ma insomma, si tratta del suo bene e di quello della Chiesa.
            Gli avvisi di Don Bosco non furono ascoltati. Il 28 novembre 1854 il Ministro guardasigilli Urbano Rattazzi presenta va ai deputati un disegno di legge per la soppressione dei conventi. Il Conte Camillo di Cavour, Ministro delle finanze, era risoluto di farlo approvare a qualunque costo. Questi signori stabilivano come principio incontrastato e incontrastabile, che fuori del gran corpo civile, non v’ha e non può darsi società a lui superiore e da lui indipendente; che lo Stato è tutto, e che perciò nessun ente morale, e neppure la Chiesa Cattolica può sussistere giuridicamente senza il consenso e riconoscimento dell’autorità civile. Perciò tale autorità non riconoscendo nella Chiesa universale il dominio dei beni ecclesiastici, e attribuendo questo dominio a ciascun ente delle corporazioni religiose, sostenevano essere queste creazione della sovranità, civile e la loro esistenza modificarsi od estinguersi per volontà della sovranità medesima, e lo Stato, erede d’ogni personalità civile che non abbia successioni, divenire solo ed assoluto proprietario di tutti i loro beni quando fossero soppresse. Errore grossolano perchè tali patrimonii, per qualsivoglia causa una Congregazione Religiosa cessasse d’esistere, non rimanevano senza padroni, dovendo essere devoluti alla Chiesa di G. C., rappresentata dal Sommo Pontefice, per quanto gli statolatri perfidiassero a negarlo (MB V, 176-180).

            Che fossero ammonimenti che venivano dal Cielo, lo conferma anche la lettera scritta quattro anni prima, il 9 aprile 1850, che la madre de Re, Regina Madre Maria Teresa, vedova di Carlo Alberto, aveva indirizzato a suo figlio, il Re Vittorio Emanuele II di Savoia.

Iddio te ne compenserà, ti benedirà, ed invece chi sa quanti castighi, quanti flagelli di Dio ci attirerà per te, la famiglia ed il paese se la sanzioni [la legge Siccardi sull’abolizione del foro ecclesiastico]. Pensa qual sarebbe il tuo dolore se il Signore facesse ammalare gravemente od anche se si prendesse la tua cara Adele che tu con santa ragione tanto ami, o la tua Chichina (Clotilde’) oil tuo Betto (Umberto); e se potessi vedere dentro il mio cuore, quanto sono addolorata, angustiata, spaventata dal timore che tu sanzioni subito questa legge per le tante disgrazie, che son certa che ci porterà se sarà fatta senza il consentimento del Santo Padre, forse il tuo cuore che è proprio buono e sensibile, e che ha sempre tanto amato la sua povera Mammina si lascerebbe intenerire. (Antonio Monti, Nuova Antologia, 1° gennaio 1936, pag. 65; MB XVII, 898).

            Però il re non fece caso a questi avvertimenti e le conseguenze non tardarono. Le trattative per l’approvazione continuarono e anche le profezie si compirono:
            – il 12 gennaio 1855 morì Maria Teresa, Regina madre, a 53 anni;
            – il 20 gennaio 1855 morì la Regina Maria Adelaide, a 33 anni;
            – l’11 febbraio 1855 morì il Principe Ferdinando, fratello del Re, a 32 anni;
            – il 17 maggio 1855 morì il figlio del re, il principe Vittorio Emanuele Leopoldo Maria Eugenio, di appena 4 mesi.

            Don Bosco continuo ad avvertire, pubblicando la carta di fondazione di Altacomba (Hautecombe) con l’esposizione di tutte le maledizioni comminate a chi osasse distruggere od usurpare i beni dell’Abbazia d’Altacomba, inserite in quel documento proprio dagli antichi Duchi di Savoia per proteggere quel luogo, dove sono inumate decine di illustri antenati della casa Savoia.
E continuò anche pubblicando nel mese di aprile 1855, nelle «Letture Cattoliche» un opuscolo scritto dal Barone Nilinse intitolato: I beni della chiesa, come si rubino e quali siano le conseguenze; con breve appendice sulle vicende del Piemonte. Sul frontispizio stava scritto: Come! Per nessun diritto si può violare la casa di un privato, e tu hai ardimento di mettere la mano sopra la casa del Signore! S. Ambrogio. In quello scritto si dimostrava che non solo gli spogliatori della Chiesa e degli Ordini Religiosi, ma eziandio le loro famiglie ne andarono colpite quasi sempre, avverandosi il terribile detto: La famiglia di chi ruba a Dio non giunge alla quarta generazione! (MB V, 233-234).

            Il 29 maggio Vittorio Emanuele II firmò lui stesso la legge Rattazzi, con la quale si confiscavano i beni ecclesiastici e si sopprimevano le corporazioni religiose, senza tener conto di quanto predetto da don Bosco e dei lutti che avevano colpito la sua famiglia dal mese di gennaio… non sapendo che così firmava anche il destino della famiglia reale.

            Infatti, anche qui la profezia si avverò, come vediamo.
            – il re Vittorio Emanuele II di Savoia (n. 14.03.1820 – † 09.01.1878), regnante dal 17.03.1861 al 09.01.1878, morì a soli 58 anni di età;
            – il re Umberto I (n. 14.03.1844 – † 29.07.1900), figlio del re Vittorio Emanuele II di Savoia, regnante dal 10.01.1878 al 29.07.1900, fu ucciso a Monza a 56 anni;
            – il re Vittorio Emanuele III (n. 11.11.1869 – † 28.12.1947), nipote del re Vittorio Emanuele II di Savoia, regnante dal 30.07.1900 al 09.05.1946, fu costretto ad abdicare il 9 maggio 1946 e morì un anno dopo.
            – il re Umberto II (n. 15.09.1904 – † 18.03.1983) ultimo Re d’Italia, regnante dal 10.05.1946 al 18.06.1946, pronipote di Vittorio Emanuele II (la quarta generazione), dovette abdicare dopo soli 35 giorni di regno, a seguito del Referendum istituzionale del 2 giugno dello stesso anno. Morì il 18 marzo 1983 a Ginevra e fu sepolto nell’Abbazia di Altacomba…

            Alcuni interpretano questi avvenimenti come semplici coincidenze, perché non possono negare i fatti, ma chi conosce l’agire di Dio, sa che nella sua misericordia avverte sempre in un modo o in un altro delle gravi conseguenze che possono avere certe decisioni di grande importanza, che influiscono sul destino del mondo e della Chiesa.
            Ricordiamo solo il fine della vita del più saggio uomo della terra, il re Salomone.

Quando Salomone fu vecchio, le sue donne l’attirarono verso dei stranieri e il suo cuore non restò più tutto con il Signore suo Dio come il cuore di Davide suo padre.
Salomone seguì Astàrte, dea di quelli di Sidòne, e Milcom, obbrobrio degli Ammoniti.
Salomone commise quanto è male agli occhi del Signore e non fu fedele al Signore come lo era stato Davide suo padre.
Salomone costruì un’altura in onore di Camos, obbrobrio dei Moabiti, sul monte che è di fronte a Gerusalemme, e anche in onore di Milcom, obbrobrio degli Ammoniti.
Allo stesso modo fece per tutte le sue donne straniere, che offrivano incenso e sacrifici ai loro dei.
Il Signore, perciò, si sdegnò con Salomone, perché aveva distolto il cuore dal Signore Dio d’Israele, che gli era apparso due volte e gli aveva comandato di non seguire altri dei, ma Salomone non osservò quanto gli aveva comandato il Signore.
Allora disse a Salomone: “Poiché ti sei comportato così e non hai osservato la mia alleanza né i decreti che ti avevo impartiti, ti strapperò via il regno e lo consegnerò a un tuo suddito. (1Re 11,4-11).

            Basta leggere con attenzione la storia, sia sacra che profana…