🕙: 3 min.
image_pdfimage_print

Un segreto da individuare
Si sa, la fama di don Bosco e delle sue capacità realizzatrici si diffondeva in Italia. Visto infatti che riusciva in tante imprese, molti gli chiedevano consigli su come riuscire a fare altrettanto.
Come trovare i fondi per costruire una chiesa? Glielo chiese espressamente la signora Marianna Moschetti di Castagneto di Pisa (oggi Castagneto Carducci-Livorno) nel 1877. La risposta di don Bosco l’11 aprile, nella sua brevità e semplicità, è ammirevole.

Punto di partenza: conoscere la situazione
Anzitutto con la saggezza pratica che gli veniva dall’educazione familiare e dall’esperienza di fondatore-costruttore-realizzatore di tanti progetti, don Bosco mette le mani avanti e intelligentemente scrive che “sarebbe necessario potersi parlare per esaminare quali progetti si possono fare e quali probabilità vi abbia di poterli effettuare”. Senza un sano realismo i migliori progetti rimangono un sogno. Il santo però non vuole scoraggiare subito la sua corrispondente, per cui aggiunge immediatamente “quello che mi pare bene nel Signore”.

In nomine Domini
Incomincia bene, si direbbe, con questo “nel Signore”. Difatti il primo, e dunque il più importante consiglio che dà alla signora, è quello di “Pregare ed invitare altri a pregare e fare delle Comunioni a Dio, come mezzo efficacissimo per meritarci le sue grazie”. La chiesa è la casa del Signore, che non mancherà di benedire un progetto di chiesa se sarà avanzato da chi confida in Lui, da chi Lo prega, da chi vive la vita cristiana e si serve dei mezzi indispensabili. Una vita di grazia merita certamente le grazie del Signore (don Bosco ne è convinto), anche se tutto è grazia: “Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori”.

La collaborazione di tutti
La chiesa è la casa di tutti; certo il parroco ne è il primo responsabile, ma non l’unico. Dunque i laici devono sentirsi corresponsabili e fra loro i più sensibili, i più disponibili, magari i più capaci (quelli che oggi potrebbero far parte del Consiglio pastorale e del Consiglio economico di ogni parrocchia). Ecco allora il secondo consiglio di don Bosco: “Invitare il Parroco a mettersi alla testa di due comitati numerosi, per quanto è possibile. Uno di uomini, l’altro di donne. Ciascun membro di questo comitato si firmi per un’oblazione divisa in tre rate, una per anno”.
Notiamo: due comitati, uno maschile e uno femminile. Certo, l’epoca vedeva normalmente separate le associazioni maschili e femminili di una parrocchia; ma perché anche non vedervi una giusta e leale “concorrenza” nel fare il bene, nel gestire un progetto con le proprie forze, ciascun gruppo “a suo modo”, con le sue strategie? Don Bosco sapeva quanto lui stesso era economicamente debitore al mondo femminile, alle marchese, alle contesse, alle nobildonne in genere: solitamente più religiose dei mariti, più generose nelle opere di carità, più disponibili “a soccorrere le necessità della Chiesa”. Puntare su di loro era saggezza.

Allargare la cerchia
Ecco infatti don Bosco aggiungere subito: “Nel tempo stesso ognuno cerchi oblatori in danaro, in lavoro, o in materiali. Per esempio invitare chi faccia fare un altare, il pulpito, i candelieri, una campana, i telai delle finestre, la porta maggiore, le minori, i vetri ecc. Ma una cosa sola caduno”. Bellissimo. Ognuno si doveva impegnare in qualche cosa che poteva giustamente ritenere un suo personale dono alla chiesa in costruzione.
Don Bosco non aveva fatto studi di psicologia, ma sapeva – come sanno tutti i parroci e non solo loro – che solleticando il legittimo orgoglio delle persone si può ottenere molto anche in fatto di generosità, di solidarietà, di altruismo. Del resto in tutta la sua vita aveva avuto bisogno di altri: per studiare da fanciullo, per andare alle scuole di Chieri da giovane, per entrare in seminario da chierico, per iniziare la sua opera da prete, per svilupparla da fondatore.

Un segreto
Don Bosco fa poi il misterioso con la sua corrispondente: “Se potessi parlare col Parroco potrei in confidenza suggerire altro mezzo; ma mi rincresce affidarlo alla carta”. Di che si trattava? Difficile dirlo. Si potrebbe pensare alla promessa d’indulgenze speciali per tali benefattori, ma sarebbe occorso rivolgersi a Roma e don Bosco sapeva quanto questo fatto poteva suscitare difficoltà con il vescovo e con altri parroci impegnati pure loro sugli stessi fronti edilizi. Forse più probabile era un invito, riservatissimo, di cercare l’appoggio di autorità politiche perché ne sostenessero la causa. Il suggerimento sarebbe però stato meglio farlo oralmente, per non compromettersi né di fronte alle autorità civili, né a quelle religiose, in tempi di durissima opposizione fra loro, con la Sinistra storica al potere, più anticlericale della precedente Destra.
Che poteva dire di più? Una cosa importante per entrambi: la preghiera. E difatti così si commiata dalla sua corrispondente: “Io pregherò che ogni cosa vada bene. L’unico mio appoggio è sempre stato il ricorso a Gesù Sacramentato, ed a Maria Ausiliatrice. Dio la benedica e preghi per me che le sarò sempre in G.C.”.

P. Francesco MOTTO
Salesiano di Don Bosco, esperto di san Giovanni Bosco, autore di vari libri. Dottore in storia e Teologia, Docente invitato presso l’Università Pontificia Salesiana. Cofondatore e direttore per 20 anni dell’Istituto Storico Salesiano (ISS) e della rivista “Ricerche Storiche salesiane” (1992-2012), è fra i fondatori dell’Associazione Cultori di Storia salesiana (ACSSA), di cui è attuale Presidente (2015-2023). È stato consultore della Congregazione delle cause dei santi (2009-2014).