🕙: 4 min.
image_pdfimage_print

Il carisma salesiano è radicato in Albania, un Paese dove l’opera salesiana è viva e feconda: dagli inizi negli anni’90 allo sguardo verso il futuro, le esperienze raccontate da don Giuseppe Liano, missionario guatemalteco al servizio della gioventù albanese, nella comunità di Scutari.

Come nasce la presenza salesiana in Albania? Racconta don Oreste Valle che, guardando la drammatica situazione italiana dei porti di Bari e di Brindisi nel 1991, fu lo stesso papa san Giovanni Paolo II a chiedere all’allora Rettor Maggiore, don Egidio Viganò, l’immediata disponibilità dei salesiani ad andare in Albania. L’arrivo di quelle navi stracolme di persone alla ricerca di un futuro migliore straziava il suo cuore e gli aveva subito fatto intuire che non ci si poteva limitare all’accoglienza al porto: c’era bisogno urgente di percorrere anche la strada inversa e andare incontro a quei giovani poveri e abbandonati rimasti a casa.

La prima spedizione salesiana dall’Italia arrivò alla fine del 1991. Ufficialmente la presenza salesiana ebbe inizio il 25 settembre 1992, a Scutari (Shkodër), nel nord dell’Albania, destinata a costruire un avvenire promettente, iniziando da un presente pieno e gioioso. Il contesto era una città storicamente importante, di grande cultura e di fede, in mezzo ad una povertà spaventosa, una quantità inimmaginabile di giovani, con il ricordo di tanto sangue sparso, sangue di martiri cattolici e di altre religioni.

L’opera si sviluppò attorno ai bisogni dei ragazzi e delle loro famiglie: dall’oratorio, cuore e genesi della presenza salesiana, alla scuola professionale, poi il convitto, il tempio e la parrocchia. Uno sviluppo secondo il criterio oratoriano: cortile, scuola, casa e parrocchia, come voleva don Bosco. Dopo Scutari, gli orizzonti si aprirono nella capitale Tirana, poi in Kosovo, a Prishtina e Gjilan, e, da quasi tre anni, anche a Lushnje, nel sud dell’Albania.

La casa salesiana di Scutari si trova nel centro della città: nel convitto è presente un numero significativo di ragazzi iscritti e l’oratorio continua a essere un cortile affollato ogni pomeriggio. Dai piccoli che vengono ai loro allenamenti di calcio o alla scuola di danza popolare, fino ai ‘grandi’ che si divertono giocando a pallavolo, a pallacanestro o  semplicemente incontrandosi per parlare e trascorrere il tempo insieme in oratorio.

Ogni giorno, alle 18, si fermano tutte le attività per la buona notte e la preghiera, come è la tradizione salesiana. Tutti i fine settimana si incontrano i gruppi della catechesi (venerdì) e i gruppi formativi (sabato).

Questo nell’ordinarietà, perché poi sarebbero da aggiungere gli incontri vocazionali, le esperienze di apostolato, gli allenamenti dei diversi sport e le feste secondo il tempo liturgico. Tutto questo animato da una comunità credente abbastanza numerosa e da un consistente numero di ragazzi e giovani animatori.

Si potrebbe dire che la bellezza e l’originalità delle opere salesiane albanesi è che, nell’insieme, vengono accolti centinaia di ragazzi e di famiglie di credo diverso, offrendo un servizio di educazione e di comunione in un contesto interreligioso. Il nome e la tradizione di “Don Bosko” (con la k) sono riconosciuti come un modello di fiducia, di lavoro e di bene generoso per la società. Ogni comunità svolge la propria missione in un contesto totalmente diverso a livello di fede, di proposta pastorale e di dialogo con la città, ma si cerca di condividere, per quanto possibile, fra Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice.
Per i ragazzi sembra che tutto sia un solo cortile in luoghi diversi. Quest’armonia e questa fiducia sono la carta vincente per poter proporre giochi, corsi, preghiere e itinerari di crescita senza essere giudicati come ‘propagandisti della fede’ o ‘interessati solo al proprio bene’.

Chi entra in un ambiente salesiano si sente accolto e capace di accogliere gli altri, senza distinzione. E per i cattolici, far parte del gruppo degli animatori e del cortile significa vivere la propria vocazione al servizio dei giovani, secondo lo stile salesiano, con la bellezza di vederli pregare, confessarsi e partecipare alla messa regolarmente.
Quello che attualmente interroga i salesiani è trovare le risposte giuste ai bisogni di questa generazione.

Il fenomeno della migrazione è straziante, gli indicatori della povertà aumentano e le possibilità di un futuro degno a Scutari si riducono in modo drammatico. Sia per studiare sia per trovare lavoro, bisogna avere tanta fortuna o altrimenti per forza si deve andare via. I salesiani sognano un centro diurno e un centro giovanile, con una scuola professionale degna e proficua e una scuola di lingue, di arti e di sport, che dia ai loro sogni una forma, un presente e un futuro. Purtroppo, senza il sostegno economico, questi sogni rimangono solo come inchiostro su fogli bianchi. E, nel frattempo, i giovani e le famiglie continuano ad andare via da qua.

Ma i salesiani non smettono di sognare vivendo il presente come un dono davvero prezioso di Dio. Don Giuseppe LIANO, salesiano missionario dal Guatemala, ci dice: “Io, personalmente, mi sento il salesiano più fortunato su questa terra: condividere la missione con salesiani di tutto il mondo (Vietnam, Congo, Italia, Zambia, India, Slovenia, Slovacchia, Guatemala, Albania e Kosovo), con giovani così fedeli e salesiani, in una città così bella, dedicandomi ad animare l’oratorio… non succede tutti i giorni!”. Tutto questo, con la consapevolezza che entrare nel contesto, conoscere la realtà e capire la lingua sono stati processi lenti e costosi, ma, a distanza di tempo, ci si accorge di quanto ogni cosa sia valsa la pena. Una missione così sfidante e così bella è uno stimolo alla fedeltà creativa e alla santità!

Per l’Albania oggi si preannuncia un futuro complesso. I problemi non mancano. Ultimamente i sostegni economici e i progetti che arrivavano in Albania hanno sono stati indirizzati verso destinatari più bisognosi, soprattutto in Ucraina e in Turchia; questo fa pensare che è anche tempo di cominciare non solo a ricevere ma anche a generare un sostegno, benché non sia ancora possibile coprire del tutto i costi. I giovani, fedeli e forti, ci sono, per grazia di Dio. Oggi la sfida è trovare il punto di slancio, il modo di trasformare insieme il contesto in una certezza, in un’‘oasi’ per le future generazioni e in una fonte di vocazioni, di santità e di bellezza.

Marco Fulgaro